Impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili: la competenza al rilascio dell’autorizzazione unica non può essere delegata ai Comuni.

di Claudia BASCIU

Impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili: la competenza al rilascio dell’autorizzazione unica non può essere delegata ai Comuni.

In materia di realizzazione di impianti di energia da fonti rinnovabili, la competenza al rilascio dell’autorizzazione unica non può essere riconosciuta in capo ai Comuni, eventualmente interpellati al riguardo, poiché legittimate in tal senso sono unicamente la Regione o la Provincia dalla prima delegata: è quanto ribadito dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con la recente sentenza n. 2473 del 27 aprile 2012, la quale, nel rammentare quale sia il riparto di competenze previsto dal nostro ordinamento giuridico, nell’ambito del rilascio dei titoli abilitativi per la realizzazione degli impianti in oggetto, evidenzia in modo molto chiaro le ragioni sottese a tali ripartizione.

La pronuncia trae origine dal ricorso con il quale un’azienda agricola, interessata alla realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da biogas e biomasse, nella zona agricola del Comune di Arzene (PN) impugnava la sentenza n. 504 del 20 maggio 2009, con la quale il T.A.R. del Friuli Venezia Giulia aveva respinto un precedente ricorso avverso il diniego del Comune di Arzene all’istanza di concessione edilizia per la costruzione dell’impianto in questione.

L’azienda agricola, infatti, aveva presentato al Comune di Arzene un’istanza di concessione edilizia per la costruzione, su un terreno di sua proprietà situato nella zona agricola del Comune, di un impianto di gestione anaerobica finalizzato alla produzione di energia elettrica derivante da biogas e biomasse ma il Comune aveva respinto la richiesta, in quanto il progetto risultava essere incompatibile con le previsioni delle Norme Tecniche di Attuazione – N.T.A. del Piano Regolatore Generale – P.R.G., in base alle quali le uniche opere realizzabili in area agricola potevano essere le strutture produttive strettamente pertinenti all’attività agricola della singola azienda. L’azienda, quindi, ritenendo illegittimo il diniego di concessione edilizia da parte della pubblica amministrazione, in quanto la stessa avrebbe dovuto convocare la conferenza di servizi finalizzata al rilascio dell’autorizzazione unica di cui al d. lgs. m. 387/2003, impugnava il provvedimento davanti al T.A.R. Friuli Venezia Giulia, il quale lo rigettava con la sentenza n. 504 del 2009 oggetto, a sua volta, di impugnazione davanti al Consiglio di Stato che, con la pronuncia in esame, ne ha confermato il contenuto, respingendo le doglianze della ricorrente.

In primo luogo, la sentenza n. 2473 del 27 aprile 2012 ha affermato la correttezza del comportamento tenuto dal Comune, il quale, avendo potestà esclusiva in materia di governo del territorio, nel ricevere un’istanza di concessione edilizia, sia pure finalizzata alla realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonti alternative, ha basato il proprio provvedimento di diniego, esclusivamente, su valutazioni inerenti la compatibilità dell’intervento in questione con i criteri urbanistici fissati dal Piano Regolatore Generale. A tale proposito, quindi, secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, il Comune non avrebbe potuto né dovuto, indire una conferenza di servizi, finalizzata al rilascio dell’autorizzazione unica, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, e non avrebbe potuto farlo neanche nell’ipotesi in cui l’intento “sostanziale”, come affermato dall’azienda ricorrente, fosse stato quello di ottenere il più ampio provvedimento autorizzatorio di cui alla normativa in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, posto che la competenza, al riguardo, è riconosciuta esclusivamente in capo alla Regione o alla Provincia delegata dalla stessa Regione, ai sensi del medesimo art. 12 del d. lgs. n. 387/2003. E, sotto tale profilo, una modifica del quadro normativo relativo alla ripartizione di competenze non potrebbe essere imposta dalla normativa regionale ma soltanto dalla legislazione statale, in virtù delle esigenze sottese alla previsione di un procedimento unico per il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, così come chiarite anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza 4 giugno 2010, n. 194, nella quale si afferma che “l’autorizzazione unica regionale prevista dal d.lgs. n. 387 del 2003, solo limitatamente derogabile a favore di procedure semplificate, concreta (…) una procedura uniforme mirata a realizzare le esigenze di tempestività e contenimento dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi inerenti alla costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, che resterebbe vanificata ove ad essa si abbinasse o sostituisse una disciplina regionale, anche se concepita nell’ambito di una diversa materia”. Alla luce di tale pronuncia, evidentemente, conclude il Consiglio di Stato, una eventuale interpretazione della normativa regionale in materia di realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, che consentisse una delega al Comune delle funzioni autorizzatorie di cui all’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, evidenzierebbe profili di incostituzionalità della normativa stessa, per violazione dell’art. 117, comma 3 Cost., relativamente ai principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, fissati dal nostro ordinamento per esigenze di uniformità e di esercizio unitario di funzioni amministrative relative ai problemi energetici di livello nazionale (in tal senso Corte Cost., sentenza n. 383 del 14 ottobre 2005, n. 194 del 4 giugno 2010 cit.).

 

 

N. 02473/2012REG.PROV.COLL.

N. 07267/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 7267 del 2009, proposto dal signor Renzo CINAUSERO, quale legale rappresentante dell’Azienda Agricola Cinausero Roberto, Renzo & C. s.s., rappresentato e difeso dagli avv.ti Franco Gaetano Scoca e Francesco Longo, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via G. Paisiello, 55,

contro

il COMUNE DI ARZENE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Staccanella, Luigi Manzi e Michele Staccanella, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via F. Confalonieri, 5,

per l’annullamento e/o la riforma,

previa sospensione dell’efficacia,

della sentenza del T.A.R. del Friuli Venezia Giulia nr. 504 del 20 maggio 2009, depositata nella Segreteria del Tribunale il 26 giugno 2009, con la quale si è respinto il proposto ricorso avverso e per l’annullamento dell’atto del Sindaco del Comune di Arzene del 2 maggio 2007, prot. 1996, di rigetto della richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un impianto di gestione anaerobica per la produzione di energia elettrica derivante da biogas e biomasse, nonché della nota di trasmissione di data 2 maggio 2007 unitamente alle N.T.A., in parte qua, del vigente P.R.G. comunale e dei relativi atti di adozione e/o approvazione.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Arzene;

Vista la memoria prodotta dal Comune in data 24 febbraio 2012 a sostegno delle proprie difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 27 marzo 2012, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Longo per l’appellante e l’avv. Andrea Manzi, su delega dell’avv. Luigi Manzi, per il Comune;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il signor Renzo Cinausero, nella propria qualità di legale rappresentante dell’Azienda Agricola Cinausero Roberto, Renzo & C. s.s., ha impugnato – chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione – la sentenza con la quale il T.A.R. del Friuli Venezia Giulia ha respinto il ricorso da lui proposto avverso il diniego opposto dal Comune di Arzene a un’istanza di concessione edilizia per la costruzione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (biogas e biomasse).

A sostegno dell’appello, ha dedotto:

1) l’erronea applicazione della direttiva 2001/77/CE e dell’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, nr. 387 (con riferimento all’ammissibilità dell’impianto in questione in zona agricola);

2) l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 117 Cost., dell’art. 40 della legge regionale del Friuli Venezia Giulia 23 febbraio 2007, nr. 5 (siccome incompatibile con la disciplina di promanazione comunitaria innanzi richiamata).

Si è costituito il Comune di Arzene, il quale ha analiticamente argomentato nel senso dell’infondatezza del gravame, chiedendone la reiezione con la conferma della sentenza impugnata.

Alla camera di consiglio del 6 ottobre 2009, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, questo è stato differito sull’accordo delle parti, per essere abbinato alla trattazione del merito.

All’udienza del 27 marzo 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’odierno appellante, signor Renzo Cinausero, quale legale rappresentante dell’Azienda Agricola Cinausero Roberto, Renzo & C. s.s., ha presentato al Comune di Arzene istanza di concessione edilizia per la realizzazione, su un suolo in sua proprietà, di un impianto di gestione anaerobica per la produzione di energia elettrica derivante da biogas e biomasse.

L’istanza è stata respinta, ritenendo il Comune il progetto incompatibile con la destinazione agricola dell’area, sulla quale a mente delle N.T.A. del vigente P.R.G. era consentita solo la realizzazione di strutture produttive strettamente pertinenti all’attività agricola della singola azienda.

Con l’appello oggi all’esame della Sezione, il sig. Cinausero lamenta l’erroneità della sentenza con la quale il T.A.R. del Friuli Venezia Giulia ha respinto il ricorso proposto avverso detto diniego.

2. L’appello è infondato, e la sentenza gravata merita integrale conferma.

3. Con il primo mezzo, parte appellante assume la violazione del decreto legislativo 29 dicembre 2003, nr. 387 (nonché della direttiva comunitaria di cui esso è attuativo), il cui art. 12, al comma 7, dispone che la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili è consentita nelle zone a destinazione agricola.

La censura s’iscrive in una più generale contestazione dell’operato dell’Amministrazione la quale, anziché limitarsi a respingere sic et simpliciter l’istanza, avrebbe dovuto – a dire dell’appellante – convocare una conferenza di servizi nel rispetto della procedura e dei termini stabiliti dal medesimo art. 12, d.lgs. nr. 387 del 2003, in tema di autorizzazione unica per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

La doglianza è priva di pregio, essendo decisivo il rilievo che l’istanza proposta al Comune era intesa a ottenere il rilascio non già della predetta autorizzazione unica, ma soltanto della concessione edilizia per la realizzazione dell’impianto; pertanto, correttamente il Comune ha circoscritto le proprie valutazioni al profilo della compatibilità urbanistica dell’intervento richiesto, giudicandolo precluso dalle vigenti prescrizioni di P.R.G.

Tale rilievo, tale da rendere ultronee e inconferenti le argomentazioni svolte nell’appello in tema di rapporti tra competenze statali e regionali in materia di energia (essendo l’atto impugnato espressione esclusiva della potestà riconosciuta al Comune in materia di governo del territorio), non è superabile sulla base di una pretesa considerazione “sostanziale” dell’istanza de qua, come finalizzata a conseguire in realtà il più ampio provvedimento autorizzatorio di cui al citato art. 12, d.lgs. nr. 387/2003.

Ed invero, in disparte i profili di incompletezza della documentazione all’uopo prodotta (su cui pure si sofferma il Comune nei propri scritti difensivi), quand’anche tale fosse stato l’intento dell’istante, l’Amministrazione interpellata non avrebbe che potuto rispondere dichiarando la propria incompetenza a provvedere, spettando la competenza a rilasciare l’autorizzazione in questione unicamente alla Regione o alla Provincia da questa delegata (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, nr. 2001).

Né può essere condivisa la pretesa di parte appellante di far discendere la competenza del Comune in subiecta materia dall’art. 21 della legge regionale 27 novembre 2006, nr. 24, nella parte in cui attribuisce ai Comuni anche le funzioni in materia di “autorizzazioni relative all’installazione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica con potenza uguale o inferiore a 10 megawatt termici, che utilizzano fonti tradizionali e fonti assimilate alle rinnovabili”.

Al riguardo, oltre alle deduzioni svolte dalla difesa del Comune (che si è soffermata principalmente sulla non riconducibilità dell’impianto per cui è causa a quelli cui si riferisce la disposizione innanzi citata), occorre tener conto del fatto che la Corte Costituzionale ha giudicato illegittima, per violazione dell’art. 117, comma 3, Cost., la creazione di una competenza autorizzatoria a favore dei Comuni, per tipi di impianti caratterizzati da determinate capacità di generazione, la quale risulti derogatoria rispetto all’assetto delineato dal d.lgs. nr. 387 del 2003, che all’art. 12 assoggetta la costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili all’autorizzazione unica delle Regioni (o delle Province delegate).

Nella circostanza, pronunciandosi su altra normativa regionale, la Corte, riguardo alla regolamentazione dei titoli abilitativi, ha considerato riconoscibile l’esercizio della legislazione di principio dello Stato in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, per esigenze di uniformità e di esercizio unitario di funzioni amministrative relative ai problemi energetici di livello nazionale, come più in generale nelle materie di competenza concorrente; si è aggiunto che l’autorizzazione unica regionale prevista dal d.lgs. nr. 387 del 2003, solo limitatamente derogabile a favore di procedure semplificate, concreta, del resto, una procedura uniforme mirata a realizzare le esigenze di tempestività e contenimento dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi inerenti alla costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, che resterebbe vanificata ove ad essa si abbinasse o sostituisse una disciplina regionale, anche se concepita nell’ambito di una diversa materia (cfr. sent. 4 giugno 2010, nr. 194).

Pertanto, l’interpretazione della normativa regionale proposta dall’appellante – nel senso di consentire una delega al Comune delle funzioni autorizzatorie di cui all’art. 12, d.lgs. nr. 387/2003 – non può essere accolta in quanto suscettibile di evidenziare profili di incostituzionalità per violazione dei principi innanzi richiamati.

4. Del tutto inconferente, di poi, è il secondo motivo di impugnazione, col quale si sollecita una questione di costituzionalità dell’art. 40 della legge regionale 23 febbraio 2007, nr. 40, per asserita violazione dell’art. 117 Cost.

La questione difetta di rilevanza, come correttamente rilevato da parte resistente, non avendo l’Amministrazione fatto richiamo né applicazione della norma in questione nel diniego di concessione edilizia per cui è causa.

5. In conclusione, l’accertata infondatezza dei motivi d’appello non può che imporre una decisione di conferma della sentenza impugnata.

6. La relativa novità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Guido Romano, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/04/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)