Cass. Sez. III n. 44346 del 4 dicembre 2024 (UP 14 nov 2024)
Pres. Ramacci Est. Noviello Ric. Fiore
Urbanistica.Lottizzazione abusiva e confisca nei confronti di persona giuridica
In tema di lottizzazione abusiva e di confisca ad essa relativa, non sono soggetti terzi, estranei al reato, né la persona giuridica proprietaria dell'area abusivamente lottizzata, che riceve i vantaggi e le utilità conseguenti al reato, essendo normalmente committente degli interventi in essa realizzati e parte degli atti negoziali relativi e di ogni altra attività che viene attuata, né quella che è titolare apparente di beni, la quale rappresenta solo lo schermo attraverso il quale il reo, effettivo proprietario degli stessi, agisce nel proprio esclusivo interesse, difettando, in entrambi i casi, il necessario requisito della buona fede di tale soggetto giuridico.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari riformava parzialmente la sentenza del tribunale di Cagliari del 23.3.2018 dichiarando non doversi procedere nei confronti di Franco Anzivino, Cataldo Dino Fiore, Leandro Caredda, Maria Cara, Giovanni Alessi, Rosalia Catanzaro Mauro Francesco Antonio Moledda in ordine al reato di lottizzazione abusiva loro ascritto per intervenuta prescrizione, confermando la disposta confisca. Va aggiunto che come da allegata ordinanza depositata dalla difesa dell’imputato con deposito di conclusioni scritte, La Corte di Appello di Cagliari, Seconda Sezione penale, con ordinanza del 23.7.2024, pronunciata dopo la proposizione del ricorso da parte di Dino Cataldo Fiore e della società Fiore di Maggio S.r.l., preso atto della morte del reo intervenuta in data 29.1.2021, nel periodo intercorrente fra la lettura del dispositivo e il deposito della relativa motivazione, ha:
a) dichiarato la nullità della sentenza n. 72/2019 emessa dalla Corte di Appello di Cagliari, nella parte che riguarda la posizione di Anzivino;
b) dichiarato l’estinzione del reato di lottizzazione abusiva di cui al capo a) della contestazione per morte dell’imputato Anzivino;
c) revocato la confisca dei beni oggetto del provvedimento impositivo del vincolo emesso dal Tribunale di Cagliari in data 15.11.2013, depositato il 16.11.2013, disponendo la restituzione dei beni medesimi in favore degli eredi dell’imputato, aventi diritto, previa cancellazione delle trascrizioni relative al sequestro e alla confisca stessa;
d) disposto la comunicazione del provvedimento all’Amministrazione comunale di Domus de Maria.
2. Avverso la predetta ordinanza Fiore Cataldo Dino mediante il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione.
3. Con il primo motivo deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione, per la mancata considerazione dei motivi di gravame e con riferimento all’intervenuto accertamento della lottizzazione abusiva e alla confisca dei terreni e degli immobili ritenuti oggetto del reato. Si contesta che gli aspetti macroscopicamente ritenuti dai giudici come assorbenti per il giudizio di responsabilità siano davvero tali e non piuttosto irrilevanti ai predetti fini. Si fa riferimento, da una parte, alla valorizzazione della circostanza per cui il ricorrente avrebbe agito di comune accordo con altro coimputato (Anzivino), posto che il reato di lottizzazione abusiva, come quello distinto di abuso edilizio, sono suscettibili di consumazione tanto monosoggettiva che plurisoggettiva. Dall’altra, al dato per cui la valorizzata destinazione ad uso residenziale dei piani inferiori degli edifici realizzati, e la creazione di una strada diversa da quella interpoderale assentita non integrerebbero elementi costitutivi di una lottizzazione abusiva. Essendo tutt’al più riconducibili al diverso reato di abuso edilizio. Vi sarebbe quindi motivazione carente in ordine all’elemento oggettivo della lottizzazione in assenza anche di confronto con i motivi di gravame, anche citati in ricorso. Né la sentenza impugnata sarebbe integrabile con quella di primo grado a fronte delle rappresentate carenze. Mancherebbe, altresì, ogni motivazione rispetto ai motivi di gravame proposti con riguardo alla ricostruzione di tutte le fasi amministrative e alla impossibilità di ascrivere al ricorrente ogni contributo morale o materiale rispetto alla lottizzazione negoziale. Con particolare riferimento alle tematiche della regolarità dei frazionamenti, della irrilevanza rispetto alla legittimità delle concessioni in variante, dell’estensione minima per costruire all’interno dei vari lotti, alla inesistenza di opere di urbanizzazione quali indici della lottizzazione, alla irrilevanza ai predetti fini dell’asserito cambio di destinazione di uso.
4. Con il secondo motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato e alla conferma della disposta confisca, atteso che in ordine all’elemento soggettivo si valorizzerebbero elementi spuri e inconferenti, senza considerare i motivi di gravame.
5. Con il terzo motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine all’estensione della confisca anche a terreni e immobili non oggetto del reato. Con violazione del principio di proporzionalità. La sentenza, valorizzando le modifiche di uso dei piani sottostanti degli edifici realizzati non spiegherebbe la estensione della confisca a tutti i terreni e edifici oggetto di concessione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I primi due motivi devono essere esaminati congiuntamente siccome omogenei, avendo riguardo agli elementi costitutivi del medesimo reato.
Va premesso che in tema di ricorso in cassazione ai sensi dell'art. 606, comma primo lett. e), la denunzia di minime incongruenze argomentative o l'omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono dar luogo all'annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma è solo l'esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell'impianto argomentativo della motivazione. (cfr. Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013 Rv. 254988 Reggio.; Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017 Rv. 271227 M e altri). Inoltre, la mancanza, l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimità, devono risultare di spessore tale da risultare percepibili ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (in tal senso, conservano validità, e meritano di essere tuttora condivisi, i principi affermati da questa Corte Suprema, Sez. U, sent. n. 24 del 24/11/1999, dep. 16/12/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U, sent. n. 12 del 31/05/2000, dep. 23/06/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, sent. n. 47289 del 24/09/2003, dep. 10/12/2003, Petrella, Rv. 226074).
Deve altresì precisarsi, quanto al reato di lottizzazione abusiva, che la ratio della fattispecie incriminatrice della lottizzazione abusiva richiama un duplice scopo di tutela (cfr. per tutte Sez. 3, n. 36940 del 11/05/2005 Rv. 232190 – 01), rivolto ad impedire, come noto:
sia che venga compromessa la potestà, attribuita agli enti locali, di effettuare razionali ed armoniche scelte urbanistiche mediante gli specifici strumenti di pianificazione previsti dalla legge;
sia che un processo di urbanizzazione incontrollata comporti la nascita di agglomerati edilizi privi delle infrastrutture primarie e secondarie necessarie per la loro integrazione urbanistica, con conseguente imposizione alla Pubblica Amministrazione competente di ingenti spese per dotazioni infrastrutturali.
Conseguentemente il bene giuridico protetto dall'attualmente vigente art. 30 del TU dell'edilizia è non solo quello dell'ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo all'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione, al quale spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito (Cons. Stato Sez. 4^ n. 5849, 6 ottobre 2003). Si è quindi ulteriormente precisato che, in generale, il reato di lottizzazione abusiva si configura attraverso la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni espresse dagli strumenti urbanistici e delle leggi anche mediante la esecuzione di opere autorizzate (Sez. 3^ n. 26586, 26 giugno 2009).
E’ muovendosi in questa prospettiva che nei reati di lottizzazione (che sono caratterizzati da una articolazione particolarmente ampia di possibili modalità esecutive, ma si configurano già come reati permanenti e di pericolo) il legislatore ha anticipato il momento di rilevanza penale del fenomeno, per evitare che lo stesso possa incidere in modo irrimediabile sull'assetto del territorio; non occorre, però, che la volontà dell'agente sia protesa a vanificare le anzidette finalità di tutela, essendo sufficiente che egli compia attività rivolte alla trasformazione di terreni, non solo con inizio di opere edilizie o di urbanizzazione, ma anche soltanto con atti giuridici indirizzati a realizzare l'edificazione, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite da leggi statali o regionali.
Il reato si connette sempre e soltanto all'inosservanza delle "prescrizioni" urbanistiche anzidette, sicché il proprietario di un terreno non può predisporne l'alienazione in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della zona in cui esso è situato, ed il soggetto che acquista un fondo per edificare deve essere cauto e diligente nell'acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona riferite all'area in cui vuole costruire.
Può dunque dirsi che il dato essenziale per il rinvenimento di una lottizzazione illecita, è la realizzazione, quanto a quella materiale, di interventi edili tali da alterare la destinazione e organizzazione programmata del territorio ovvero di pregiudicare comunque la riserva di programmazione riservata all’ente pubblico. Da ciò le considerazioni più che condivisibili della giurisprudenza di legittimità, che individua il nucleo identitario della lottizzazione in parola nella realizzazione di interventi incidenti in maniera significativa sulla destinazione urbanistica di un’area, persino se già urbanizzata, sul presupposto per cui, comunque, la forte e arbitraria ovvero abusiva connotazione urbanistica di un’area - che come tale distingue l’intervento edilizio ex art. 44 lett. b) DPR 380/01 dalla fattispecie in esame -, comunque non consente né la altrettanto abusiva realizzazione anche di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, né tantomeno di sfruttare preesistenti forme di urbanizzazione locali; sul rilievo, per così dire ontologico, che attività atte ad incidere sulla programmazione urbanistica richiedono comunque un piano razionale di realizzazione degli interventi infrastrutturali, idonei a sostenere il modificato assetto territoriale, come tale affidato all’ente programmatore e non certo sostituibile, anche per escludere il reato, con situazioni di fatto non rapportate alla nuova entità edilizia abusiva, anche al fine, come è stato rilevato, di soddisfare un'esigenza ineludibile non solo di potenziamento locale delle opere di urbanizzazione ma anche di raccordo con il preesistente aggregato abitativo, come tale richiedente una specifica e concreta e razionale riprogrammazione pubblica. Cosicchè, in altri termini, è la consistenza dell’intervento edificatorio, con il suo impatto sul territorio, a qualificare la fattispecie di lottizzazione, dovendo essere come tale dotato di una innegabile incidenza anche sul piano della rielaborazione e rimodulazione delle opere di urbanizzazione, comunque da affidarsi alla programmazione pubblica, in tal modo violata, pur in presenza di opere di urbanizzazione già esistenti, poiché comunque non modulate sull’intervento realizzato, posto in rapporto al contesto circostante.
In tal senso può fornire ulteriori chiarimenti anche la notazione della configurabilità di ipotesi di lottizzazione persino nel caso in cui essa si identifichi non già con interventi edilizi bensì con modifiche di destinazioni di uso.
Va aggiunto anche che, in tema di reati edilizi, per la configurabilità della contravvenzione di lottizzazione abusiva non è necessaria l'esecuzione di opere di urbanizzazione (per vero in concreto comunque realizzate nel caso in esame), essendo sufficiente che si proceda al frazionamento del fondo attraverso un'attività materiale o esclusivamente negoziale, realizzata a scopo inequivocabilmente edificatorio. (Sez. 3 - n. 21469 del 20/04/2023 URv. 284628 – 01). Inoltre, la eventuale preesistenza di alcune opere di urbanizzazione nell’area ove viene attuato l’intervento urbanistico non esclude il reato di lottizzazione abusiva (cfr. Cass. Pen. Sez. lV Sent. n. 33150 del 08/07/2008), che sussiste sia quando l’intervento di trasformazione del territorio impone un intervento completamente innovativo anche in termini di opere di urbanizzazione, sia quando ne implichi anche solo un potenziamento di quelle già esistenti.
E’ altresì opportuno ricordare che i plurimi elementi indiziari (descritti con elencazione normativa non tassativa dalla disposizione dettata in tema di lottizzazione abusiva fin dall’originario art. 18 della L. 47/85, le cui previsioni sono state testualmente riprodotte nell'art. 30, 1^ comma, del T.U. n. 380/2001.) non devono essere presenti tutti in concorso fra di loro, in quanto è sufficiente anche la presenza di uno solo di essi, rilevante ed idoneo a fare configurare, con margini di plausibile veridicità, la volontà di procedere a lottizzazione (in questo senso è orientata anche la giurisprudenza amministrativa: vedi, da ultimo, C. Stato, Sez. 5^, 14.5.2004, n. 3136). Consegue, da tale variegata possibilità di azioni, che i due tipi di attività illecite di lottizzazione materiale e negoziale possono essere espletati anche congiuntamente (c.d. lottizzazione abusiva mista), in un intreccio di atti materiali e giuridici comunque finalizzati a realizzare una trasformazione urbanistica e/o edilizia dei terreni non autorizzata oppure in violazione della pianificazione vigente.
Quanto al momento consumativo, l'illecito lottizzatorio si realizza allorquando sia completo dei requisiti necessari e sufficienti per la integrazione della fattispecie incriminatrice e il momento consumativo perdura nel tempo fino a quando l'offesa tipica raggiunge, attraverso un passaggio graduale da uno stadio determinato ad un altro ad esso successivo, una sempre maggiore gravità; in ciò la lottizzazione, quale reato progressivo nell'evento, partecipa alla medesima disciplina del reato permanente, anche mutuandone ricadute giuridiche, e del quale ha in comune la struttura unitaria, la instaurazione di uno stato antigiuridico ed il suo mantenimento, ma ha in aggiunta un progressivo approfondimento dell'illecito attraverso condotte successive, dirette ad aggravare l'evento del reato. Nella ipotesi di lottizzazione mista, la permanenza del reato si protrae finché dura l'attività negoziale o di edificazione, e cioè, in tale ultima ipotesi, fino al completamento dei manufatti realizzati sui singoli lotti, oggetto del frazionamento (cfr. in motivazione Sez. 3, Ordinanza n. 24985 del 20/05/2015 Rv. 264122 – 01; Cass. 13/6/2014, n. 25182). In linea con tale indirizzo, questa Corte ha altresì precisato che in tema di lottizzazione abusiva, il momento consumativo del reato, che segna la decorrenza del termine di prescrizione, si individua nel compimento dell'ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell'esecuzione di opere di urbanizzazione o nell'ultimazione dei manufatti che compongono l'insediamento, non rilevando a tal fine, invece, l'utilizzazione del territorio in perdurante contrasto con la pianificazione urbanistica (Sez. 3 - n. 12459 del 13/01/2021 Rv. 281576 – 01).
Tanto premesso, si rileva innanzitutto che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente - secondo cui con la premessa della Corte di appello, per la quale la conduzione, da parte del ricorrente, assieme ad altro coimputato, di una complessiva operazione di gestione del territorio sarebbe significativa per il rinvenimento della lottizzazione, si sarebbe erroneamente voluto distinguere tra il reato di lottizzazione ex art. 44 lett. c) DPR 380/01 e il reato inerente il solo abuso edilizio ex art. 44 lett. b) DPR 380/01 in ragione della sussistenza, rispettivamente, di una plurima partecipazione o meno alla consumazione di tali fattispecie -, la predetta premessa va in realtà letta nella sua integrale complessità, che ne rivela una portata diversa da quella sostenuta dalla difesa. Infatti, i giudici, nel sottolineare l’avvenuta realizzazione di una “operazione di complessiva gestione del territorio coordinata e sviluppata di comune accordo ….” hanno altresì specificato come il Fiore e il coimputato Anzivino avevano realizzato le rispettive opere in un quadro unitario diretto a realizzare una omogenea “operazione immobiliare comunque coordinata funzionale ad attribuire all’intera area una destinazione unitaria”, volendo in tal modo, e congruamente, evidenziare, che, attraverso tale operazione, articolata e complessa, siccome anche frutto di convergenti ed omogenei interventi sul territorio posti in essere da due coimputati, sostanziatasi, in concreto, nella realizzazione, in area a destinazione agricola, di ben quattro villette di lusso asservite da strutture di urbanizzazione e da una ampia strada di servizio, è stata data alla zona stessa una destinazione esclusivamente e unitariamente residenziale, nel quadro per giunta di fraudolente quanto tardive iniziative volte a mascherare tale proiezione d’uso dell’area, al fine di occultare a posteriori la destinazione residenziale impressa alla stessa.
Si tratta, invero, di una impostazione esplicativa del reato di lottizzazione abusiva che appare conforme all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale (Sez. 3, n. 17663 dell'11/05/2005, Rv. 231511), al fine di definire la distinzione tra semplice abuso edilizio e lottizzazione abusiva, va qualificata come lottizzazione quell'insieme di opere o di atti giuridici che comportano una trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni a scopo edificatorio intesa quale conferimento all'area di un diverso assetto territoriale, attraverso impianti di interesse privato e di interesse collettivo, tali da creare una nuova maglia di tessuto urbano.
In altri termini, si è voluto correttamente sottolineare uno degli aspetti centrali del reato di lottizzazione, quale la avvenuta alterazione della destinazione urbanistica di zona; rispetto alla quale anche il coordinamento tra gli imputati, estrinsecatosi nella comune compartecipazione nella stessa e connessa forma di modificazione della destinazione di uso della area, quale la creazione in zona agricola di ville interconnesse con adeguata strada di accesso, ha costituito, secondo la corte di appello, elemento dimostrativo significativo del reato sul piano oggettivo e soggettivo.
Ed in tal senso i giudici di secondo grado hanno perspicuamente valorizzato, anche, sia la genesi dell’operazione, sfociata da un comune accordo tra l’Anzivino e il Fiore finalizzato ad un’operazione in alcun modo aderente alla destinazione urbanistica dell’area, sia la personalità degli imputati, completamente estranei ad attività imprenditoriali in ambito agricolo, e, piuttosto, dediti ad attività lavorative assolutamente distanti da esso; laddove l’ulteriore sottolineatura della avvenuta realizzazione di comportamenti negoziali ed opere edilizie di obiettiva modifica del territorio quali quelle prima citate, inserite in un’area urbanistica con ben altra vocazione, quale quella agricola, centra il nucleo essenziale del reato ipotizzato e costituisce, per vero, anche una risposta, innanzitutto sostanziale, alle sollevate tematiche in tema di ricostruzione delle varie vicende amministrative e concessorie, da ritenersi, alla luce dei principi citati in premessa, disattese, siccome logicamente incompatibili con la impostazione predetta. Che a rigore non appare nello specifico contrastata, sia perché la circostanza della citazione, in ricorso, di meri stralci di motivi di gravame al più può essere funzionale alla dimostrazione del vizio di carenza di motivazione - che per quanto sopra evidenziato non sussiste, pur in presenza di argomentazioni non particolarmente diffuse – sia perché, a fronte di tali stralci manca invece, una specifica quanto doverosa confutazione del predetto essenziale rilievo della messa in opera di una articolata operazione finalizzata alla realizzazione di ben quattro ville di lusso, con relative strutture e impianti di servizio, all’interno di un’area assolutamente estranea a tale destinazione residenziale. Rappresentazione che, lo si ripete, coglie il senso della lottizzazione abusiva, posto che la ratio della fattispecie incriminatrice della lottizzazione abusiva richiama un duplice scopo di tutela (cfr. per tutte Sez. 3, n. 36940 del 11/05/2005 Rv. 232190 – 01) come sopra già precisato
Va comunque anche aggiunto, che a fronte della sopra sintetizzata evidenziazione degli elementi essenziali e sintomatici di una consapevole e deliberata condotta lottizzatoria abusiva, appare coerente la espressa – seppur sintetica – rilevazione, per cui divengono irrilevanti le osservazioni difensive, di cui si lamenta quindi infondatamente la omessa valutazione, in ordine al computo della estensione dei lotti o al rispetto del criterio del lotto minimo, o al rispetto degli standards previsti dal PUC, siccome si è ritenuta sussistente, da parte della Corte di appello, la realizzazione di “comportamenti negoziali e di opere edilizie e di modifica del territorio che denotano in modo inconfutabile una lottizzazione a scopo esclusivamente residenziale in zona in cui essa non era consentita”.
Va poi ribadito che, come è stato più volte evidenziato, è muovendosi in questa prospettiva che nei reati di lottizzazione il legislatore ha anticipato il momento di rilevanza penale del fenomeno, per evitare che lo stesso possa incidere in modo irrimediabile sull'assetto del territorio; non occorre, però, che la volontà dell'agente sia protesa a vanificare le anzidette finalità di tutela, essendo sufficiente che egli compia attività rivolte alla trasformazione di terreni, non solo con inizio di opere edilizie o di urbanizzazione, ma anche soltanto con atti giuridici indirizzati a realizzare l'edificazione, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite da leggi statali o regionali.
Il reato si connette sempre e soltanto all'inosservanza delle "prescrizioni" urbanistiche anzidette, sicché il soggetto che acquista un fondo per edificare deve essere cauto e diligente nell'acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona riferite all'area in cui vuole costruire.
Cosicchè, anche la ulteriore evidenziazione - nel complessivo quadro motivazionale sopra riassunto, connotato da assoluta determinazione alla realizzazione e nel contempo dissimulazione, altresì, dell’intervento lottizzatorio -di un “dolo particolarmente intenso”, da una parte appare congrua e dall’altra esclude ulteriormente ogni dedotta carenza o vizio motivazionale anche in punto di elemento soggettivo.
Quanto poi al rilievo difensivo per cui non si sarebbe spiegata la incidenza, a fini lottizzatori, della sola realizzazione a uso residenziale del piano terra di ciascun immobile, va premesso che viene in rilievo un tema di rilevanza giuridica, quale quello della destinazione di uso difforme rispetto al titolo abilitativo. Così che deve innanzitutto richiamarsi il principio per cui il vizio di motivazione non è configurabile riguardo ad argomentazioni giuridiche delle parti. Queste ultime infatti, come ha più volte sottolineato la Suprema Corte, o sono fondate e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge; o sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 comma 1 cod. proc. pen. che consente di correggere, ove necessario, la motivazione quando la decisione in diritto sia comunque corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 – 01 Emmanuele).
Ebbene, deve rammentarsi che in tema di violazioni edilizie e paesaggistiche, il mutamento della destinazione d'uso di un immobile in zona vincolata, realizzato mediante modifiche interne tali da renderlo idoneo ad un uso residenziale, diverso da quello originariamente assentito, integra sia il reato di esecuzione di lavori in difformità totale dal permesso di costruire, che quello di esecuzione di lavori su beni paesaggistici in assenza di autorizzazione. (Sez. 3, Sentenza n. 4555 del 11/12/2007 Cc. (dep. 29/01/2008 ) Rv. 238854 – 01). Va poi sottolineato il principio di unitarietà che presiede alla valutazione di ogni abuso edilizio e che come tale esclude la legittimità di ogni considerazione frammentaria, come invece prospettato dalla difesa . E’ stato più volte infatti ribadito che in tema di reati edilizi, la valutazione dell'opera ai fini della individuazione del regime abilitativo necessario deve riguardare la stessa nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i singoli componenti (Sez. 3 - n. 21192 del 04/04/2023 Rv. 284626 – 01; Sez. 3, n. 5618 del 17/11/2011 (dep. 14/02/2012 ) Rv. 252125 – 01).
Rispetto a tale ultima prospettiva si pone l’ulteriore indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, ai sensi dell'art. 23-ter del d.lgs. 6 giugno 2001, n. 380, per determinare il mutamento rilevante della destinazione d'uso occorre riferirsi all'attività svolta in prevalenza, diversa da quella originaria, in relazione alla superficie utile del fabbricato o delle singole unità immobiliari e non alla superficie di tutto il fondo (Sez. 3 - n. 25265 del 02/07/2020 Cc. (dep. 08/09/2020 ) Rv. 279865 – 01). Quanto poi alla incidenza di iniziative non assentite in termini di totale difformità dell’opera, così da doverla ritenere complessivamente e interamente abusiva, è stato precisato che integra il reato di esecuzione dei lavori in totale difformità dal permesso di costruire, di cui all'art. 44, comma 1, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la realizzazione di opere non rientranti tra quelle autorizzate, caratterizzate da autonomia e novità sul piano costruttivo e su quello della valutazione economico-sociale. (Fattispecie relativa ad interventi edilizi consistiti, tra l'altro, nella chiusura di un portico e nella sua destinazione a vano cucina, nella costruzione di un ripostiglio, nella realizzazione di scale di collegamento tra i piani e di ulteriori finestre, nonché nel cambio di destinazione d'uso del garage, con conseguente significativo esubero della volumetria abitativa rispetto alle previsioni progettuali). (Sez. 3 - , n. 10238 del 15/02/2024 Ud. (dep. 12/03/2024 ) Rv. 286038 – 01).
Orbene, alla luce del quadro giurisprudenziale sopra delineato, la considerazione dei giudici di merito per cui la destinazione dei piani inferiori dei fabbricati, progettualmente destinati ad attività agricola “come magazzini o per ricovero di mezzi e attrezzature”, ad uso residenziale, con conformi arredi esterni, ha dato luogo a strutture integranti ville o resort di lusso, come tali integralmente confiscabili, oltre che costituire comunque valutazione di fatto, in questa sede insindacabile, appare conforme ai predetti indirizzi di legittimità, apparendo congruamente valorizzata la preponderante se non esclusiva destinazione di uso residenziale, secondo una valutazione che peraltro sul punto non appare specificamente confutata.
2. Il terzo motivo è inammissibile. Esso in parte è nuovo con riferimento alla tesi per cui sarebbero stati interessati dalla confisca locali e opere non interessate dalla lottizzazione, siccome mai dedotto in appello, come emerge dalla incontestata attività di riepilogo dei motivi di gravame presente in sentenza, atteso che, come noto, sussiste un onere di specifica contestazione del riepilogo delle stesse, così come dei motivi di appello, contenuto nella sentenza impugnata, allorquando si ritenga che non sia stata menzionata la medesima questione come già proposta in sede di gravame; in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve pertanto ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (cfr. in tal senso, con riferimento alla omessa contestazione del riepilogo dei motivi di gravame, Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017 Ud. (dep. 28/06/2017 ) Rv. 270627 – 01 Ciccarelli). Inoltre esso è generico, laddove lamenta una indiscriminata estensione della confisca senza specificare quali terreni o edifici sarebbero dovuti rimanere estranei alla contestata confisca. In ogni caso, a fronte di una ricostruzione accusatoria che valorizza la creazione di edifici connotati per una destinazione residenziale, emerge una corrispondente contestazione che, configurando immobili del tutto diversi da quelli, al servizio dell’attività agricola, al più realizzabili, non può che portare alla integrale confisca dei medesimi. Quanto invece alla parte in cui si contesta la estensione della lottizzazione ad immobili di pertinenza non dell’imputato bensì della sua società di riferimento, la motivazione appare corretta, laddove i giudici hanno evidenziato come sia emerso il carattere di mero schermo della “Fiore di Maggio srl”, quale sorta di longa manus del Fiore e della sua famiglia. Oltre peraltro ad evidenziare che la stessa era comunque amministrata in via esclusiva dal Fiore senza che sia dedotta né appaia emersa alcuna condotta di cui la società potesse ritenersi ignara.
In proposito, si rammenta che in tema di lottizzazione abusiva e di confisca ad essa relativa, non sono soggetti terzi, estranei al reato, né la persona giuridica proprietaria dell'area abusivamente lottizzata, che riceve i vantaggi e le utilità conseguenti al reato, essendo normalmente committente degli interventi in essa realizzati e parte degli atti negoziali relativi e di ogni altra attività che viene attuata, né quella che è titolare apparente di beni, la quale rappresenta solo lo schermo attraverso il quale il reo, effettivo proprietario degli stessi, agisce nel proprio esclusivo interesse, difettando, in entrambi i casi, il necessario requisito della buona fede di tale soggetto giuridico. (In motivazione, la Corte ha precisato che i principi elaborati dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia sono relativi alla tutela dei diritti della persona giuridica che versi in una condizione di buona fede e, pertanto, possa essere reputata estranea al reato). (Sez. 3 - , Sentenza n. 8350 del 23/01/2019 Ud. (dep. 26/02/2019 ) Rv. 275756 - 02
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024.