, Avvocato (10
gennaio 2001). Nota pubblicata in Edildea, Cd su Urbanistica ed edilizia
DeAgostini Editore .
Sommario
1)
Premessa introduttiva. La rilevanza urbanistica ed ambientale
dell’installazione delle stazioni radio base di telefonia cellulare.
2)
Individuazione del titolo legittimante l’installazione degli impianti.
3)
Il problema della necessità o meno della valutazione d’impatto ambientale .
4)
Analisi dei provvedimenti adottati dai Comuni in materia.
-
A) Regolamenti comunali aventi ad oggetto la fissazione di tetti massimi
d’esposizione ai campi elettromagnetici più bassi di quelli previsti dalla
normativa nazionale.
-
B) Regolamenti comunali aventi ad oggetto la disciplina dell’installazione sul
territorio del Comune delle stazioni radio base.
5)
La tutela cautelare di fronte all’A.G.O. in caso di lesione del diritto alla
salute.
*
* *
1)
Premessa introduttiva. La rilevanza urbanistica ed ambientale
dell’installazione delle stazioni radio base di telefonia cellulare.
E’
noto ed attuale il contenzioso in essere tra gestori ed amministrazioni locali
in relazione alle richieste d’installazione sul territorio d’impianti di
telefonia cellulare.
Ed
invero, da una parte vi sono i gestori degli impianti di telefonia cellulare che
ambiscono ad installare sul territorio il maggior numero d’impianti per
assicurare la sempre migliore funzionalità del servizio ai propri utenti [1].
Dall’altra
parte vi sono le amministrazioni locali che, interpretando un sentimento molto
spesso assai diffuso tra le popolazioni locali (timorose che
dall’installazione di detti impianti possano derivare rischi per la propria
salute), cercano di limitare o in ogni caso regolare l’installazione sul
territorio de Comune di detti impianti.
Non
esiste ad oggi la certezza che la esposizione dell’individuo ai campi di onde
elettromagnetiche generate dagli impianti di telefonia cellulare provochi danni
alla salute, stante la assenza di precisi dati scientifici che tengano conto
della esposizione nel lungo periodo, ma è indubbio che un problema di tutela
della salute esiste anche in considerazione dei risultati di alcuni studi
condotti nel settore.
Alcuni
studi, invero, hanno posto in rilievo l’incidenza delle radiazioni ionizzanti
e dei relativi campi elettromagnetici sulla salute umana e
hanno evidenziato come l’esposizione a lungo termine possa provocare
danni a livello delle cellule, quali modificazioni della loro permeabilità e
della loro velocità di moltiplicazione, causando nell’uomo un significativo
aumento dei casi di leucemia, con rischio sette volte maggiore rispetto ad una
popolazione non esposta.
Per
tali motivi il Parlamento europeo, in data 05.05.1994, ha approvato una
risoluzione in cui si chiedeva alla Commissione di presentare misure, norme e
regolamenti da adottarsi, prendendo a riferimento sia il principio di
precauzione (in base al quale in caso dubbio è preferibile evitare rischi anche
ricorrendo all’opzione zero), sia il principio formulato dall’O.M.S. (in
base al quale l’esposizione alle radiazioni deve essere la più bassa).
In
argomento è anche da ricordare che il Consiglio dell’Unione Europea in data
12.07.1999 ha emanato la raccomandazione n. 1999/519/CE, con la quale si è
raccomandato agli Stati membri di limitare l’esposizione ai campi
elettromagnetici ed ha ribadito che nell’ambito della Comunità è imperativo
proteggere i cittadini dagli effetti negativi certi sulla salute che possano
derivare dall’esposizione ai campi elettromagnetici.
Vi
è pertanto una stretta correlazione – almeno nell’intento del soggetto
pubblico che adotta un determinato provvedimento - tra intento di regolare -
sotto il profilo urbanistico - l’installazione
degli impianti di telefonia cellulare sul territorio e volontà di tutelare la
salute dei cittadini dai rischi connessi all’esposizione prolungata ai campi
elettromagnetici generati da tali impianti.
Tale
“commistione” degli interessi tutelabili (cioè quello urbanistico e quello
più propriamente e sanitario) ha
portato all’adozione di provvedimenti, tanto a livello di legislazione
regionale, quanto a livelli di provvedimenti comunali, in cui tale forme di
tutela si intrecciano a volte non sempre nel rispetto dei principi del nostro
ordinamento.
Ed
invero mentre la materia dell’urbanistica è materia in cui le Regioni possono
legiferare ex art. 117 Cost. ed in relazione alla quale il Comune è titolare
del potere di governare l’assetto del territorio, l’ambiente e la sanità
sono materie in cui vi è una riserva di legge a favore dello Stato ed i Comuni
non possono adottare provvedimenti diretti a disciplinare tali aspetti, (es.
fissando in materia sanitaria tetti d’esposizione a fattori inquinanti
più elevati di quelli nazionali), potendo solo adottare provvedimenti
che prevedono forme di controllo o, al più, che sono diretti a sanzionare
l’inosservanza di tali limiti (es. nelle forme della emanazione di
un’ordinanza contingibile ed urgente da parte del Sindaco).
Si
vedranno allora appresso le tipologie dei provvedimenti adottai in materia dai
Comuni, valutandone l’eventuale illegittimità.
Sul
fronte dei provvedimenti legislativi regionali deve fin da ora precisarsi che è
in facoltà della Regione l’adottare una legge
che fissa limiti di tollerabilità per l’esposizione ai campi
elettromagnetici nell’ambiente abitativo e nell’ambiente esterno ben più
ridotti di quelli fissati dalla legislazione nazionale.
Ed
invero, la Corte Costituzionale [2],
chiamata ad esprimersi sulla costituzionalità della legge della regione Veneto
riapprovata il 29.07.1997, concernente "Prevenzione
dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti. Regime
transitorio" e che fissava i limiti più severi per l'inquinamento
elettromagnetico di quelli previsti dalla normativa nazionale, ha ritenuto che
la Regione può legittimamente fissare limiti di tollerabilità per
l’esposizione ai campi elettromagnetici nell’ambiente abitativo e
nell’ambiente esterno ben più ridotti di quelli fissati dalla legislazione
nazionale.
La
questione si era posta in quanto la Presidenza del Consiglio aveva impugnato
dinanzi alla Consulta per conflitto d’attribuzioni la legge in questione,
ritenendo che la stessa violasse l’art. 117 Cost.
Si
censurava, da un lato, la presunta lesione dell’interesse nazionale e di
quello di altre regioni, per il fatto che, prevedendo valori di campo elettrico
e magnetico di gran lunga inferiori a quelli introdotti dal d.P.C.M. 23 aprile
1992, comporterebbe un incremento di spese per l'ente gestore, che graverebbe su
tutti gli utenti del territorio nazionale, a fronte di un presunto beneficio
limitato agli abitanti della regione Veneto e, dall’altro, la presunta
invasione di ambiti di esclusiva competenza legislativa statale per essere stati
fissati limiti massimi di accettabilità della concentrazione e
dell’esposizione alle fonti inquinanti più elevati di quelli previsti dalla
normativa statale.
La
Presidenza del Consiglio, in relazione a tale ultimo aspetto, riteneva che la
Regione Veneto avesse legiferato in
materia ambientale, materia nella quale vi è una riserva a favore dello Stato.
Orbene,
la Corte ha ritenuto non sussistere il contrasto con l'art. 117 cost.,
considerato che i limiti massimi di accettabilità della concentrazione e
dell’esposizione alle fonti inquinanti più elevati di quelli previsti dalla
normativa statale fissati dalla Regione, attengono alla materia urbanistica,
comprensiva anche degli "interessi ambientali", che è materia
riservata alle regioni, e non sull'ambiente, che è materia di competenza
statale.
La
sentenza si segnala per la definizione della nozione di “urbanistica”
enucleata dalla Consulta, urbanistica intesa come uso del territorio anche con
riguardo agli aspetti più propriamente ambientali.
Si
legge infatti in motivazione che: “
dalla definizione di urbanistica enucleabile dall'art. 80 d.P.R. n. 616 del
1977, si evince che alla funzione di governo del territorio si riallaccia anche
una competenza in materia di interessi ambientali, costituzionalmente garantita
e funzionalmente collegata (sent. n. 183 del 1987) alle altre spettanti alla
regione, tra cui, oltre all'urbanistica, quale funzione ordinatrice dell'uso e
delle trasformazioni del suolo, quella dell'assistenza sanitaria, intesa come
complesso degli interventi positivi per la tutela e promozione della salute
umana. In tale assetto la Regione può reputarsi titolare anche del potere di
verifica della compatibilità degli interventi che, attuati dai vari soggetti,
comportano effetti sul territorio “.
Fatte
queste premesse di carattere generale, si esaminano di seguito i profili
urbanistici connessi alla installazione sul territorio di tali impianti.
2)
Individuazione del titolo legittimante l’installazione degli impianti.
Un
primo problema che si pone in relazione alla installazione di stazioni radio
base per la telefonia mobile è quello di stabilire se per la realizzazione
detti impianti e la loro installazione sul territorio sia necessaria la
concessione edilizia.
La
giurisprudenza inizialmente negava la rilevanza urbanistica di tali opere
ritenendo che le opere aderenti alla installazione delle antenne radio
televisive non incidevano sull’ambiente urbanistico circostante tanto da
determinare un apprezzabile mutamento [3].
La
giurisprudenza ha successivamente mutato indirizzo.
Sul
presupposto che l'art. 1 l. 28 gennaio 1977 n. 10 impone al soggetto attuatore
di munirsi di concessione edilizia per ogni attività che comporti la
trasformazione del territorio attraverso l'esecuzione di opere comunque
attinenti agli aspetti urbanistici e edilizi, (ove il mutamento e l'alterazione
abbiano un qualche rilievo ambientale ed estetico o solo funzionale) e che
pertanto, è soggetto a concessione edilizia ogni intervento sul
territorio, preordinato alla perdurante modificazione dello stato dei luoghi con
materiale posto sul suolo, pur in assenza di opere in muratura, è’ stato
ritenuto che l'installazione di un'antenna saldamente ancorata al suolo e
visibile dai luoghi circostanti (antenna alta circa 8 metri per stazione radio
su un apposito basamento, saldamente ancorati al suolo, non precari e visibili
dai luoghi circostanti), comporta alterazione del territorio avente rilievo
ambientale ed estetico, sicché necessita del rilascio della concessione
edilizia ai sensi dell'art. 1 l. 28 gennaio 1977 n. 10 [4].
La
giurisprudenza più recente ha più volte ribadito tale principio.
Per
il TAR Emilia Romagna [5]
La costruzione della stazione radio per telefonia cellulare (che nella specie
richiedeva l'installazione di tre antenne e la realizzazione di un manufatto di
circa 7 mq.) deve essere assoggettata a concessione edilizia e non al regime
semplificato della denuncia di inizio attività, introdotta nel nostro
ordinamento con l’articolo 19 della legge 7.8.1990 n. 241 e disciplinata
dall’articolo quattro della legge 493 del 1993.
Invero,
impianti (come quelli in discorso) che, per le loro dimensioni e per la loro
destinazione, risultano finalizzati a soddisfare scopi estrinseci alle esigenze
del singolo fabbricato su cui insistono, non possono essere affrancati da
qualsiasi tipologia di controllo urbanistico e, pertanto, sono esclusi
dall’applicazione del regime urbanistico semplificato e assoggettati
all'ordinario regime della concessione.
Viene
infatti sostenuto che tali impianti –
per le loro caratteristiche - alterano stabilmente l’assetto urbanistico del
territorio e per le loro dimensioni e per la loro destinazione, risultano
finalizzati a soddisfare scopi estrinseci alle esigenze del singolo fabbricato
su cui insistono e non possono essere affrancati da qualsiasi tipologia di
controllo urbanistico di talchè sono esclusi dall’applicazione del regime
urbanistico semplificato e assoggettati all'ordinario regime della concessione.
Occorre
peraltro evidenziare che alcune legislazioni regionali
assimilano tali impianti agli impianti tecnologici
la cui realizzazione è subordinata a mera autorizzazione o a semplice
D.I.A. [6].
Per
effetto di tali disposizioni in tali Regioni la installazioni di tali impianti
viene assentita con semplice autorizzazione edilizia (o addirittura con semplice
D.I.A.) e non si richiede il rilascio della concessione edilizia.
Si
pone peraltro il problema di verificare la legittimità di tale normativa (in
relazione all’art. 117 Cost.) laddove va ad assoggettare a semplice
autorizzazione quelle opere che – sulla base dei principi contenuti nelle
leggi nazionali – possono essere autorizzate solo previo rilascio di
concessione[7]
.
3)
Il problema della necessità o meno della valutazione di impatto ambientale .
Un
ulteriore problema che si è posto di recente è quello relativo alla necessità
o meno che la installazione di infrastrutture delle stazioni radio base debba
essere preceduta dalla valutazione
di impatto ambientale da parte della Regione.
L’art.
2 bis, del D.L. 115/1997 convertito in L. 189/97, dispone che: “
Nell'installazione e nell'uso delle infrastrutture le imprese devono garantire
la compatibilità delle infrastrutture stesse con le norme vigenti relative ai
rischi sanitari per la popolazione, in particolare in merito ai campi
elettromagnetici da loro generati.
“La
installazione di infrastrutture dovrà essere sottoposta ad opportune
procedure di valutazione di impatto ambientale “ .
La
questione è alquanto controversa.
Una
parte della giurisprudenza di merito e il Consiglio di Stato ritengono che la
installazione di infrastrutture delle stazioni radio base deve essere preceduta
dalla valutazione di impatto
ambientale da parte della Regione.
Secondo
il TAR Puglia, Sez. Bari [8],
il procedimento concessorio riguardante la installazione delle reti di
telecomunicazioni (telefonia mobile) deve rispettare le regole dettate dalla
legislazione in materia ambientale ex art. 2, comma 1, lett. f) del d.P.R.
19.9.1997, n.318, 2 bis L. 189/1997 e 3 Legge 249/1997, di talchè il rilascio
della concessione per la installazione delle stazioni radio base di telefonia
mobile o cellulare è subordinata alla positiva Valutazione di Impatto
Ambientale dell’opera da parte della Regione.
Secondo
i Giudici pugliesi la previa valutazione di impatto ambientale appare pertanto
presupposto indispensabile per il rilascio del provvedimento concessorio e/o
autorizzatorio.
Tale
orientamento è stato confermato dal Consiglio di Stato [9]
il quale ha ritenuto che l’espressione “valutazione di impatto ambientale“
contenuta nel menzionato art. 2, comma 2 bis, L. 189/1997,
deve essere intesa quale locuzione tecnico giuridica avente un
significato univoco, nel senso che sta ad indicare
un procedimento - presupposto a quello di rilascio della concessione
edilizia - di competenza della regione.
Le
decisioni di cui sembrano ritenere prevalente la salute dei cittadini rispetto
ad ogni altro interesse giuridicamente protetto.
*********
Altra
giurisprudenza è di segno contrario.
Al
riguardo può segnalarsi TAR Puglia, Sez. Lecce, il quale, dopo alcuni generici
richiami alla necessità che le installazioni delle antenne di telefonia mobile
siano precedute dai soli accertamenti (condotti dal P.M.P. dell’AUSL)
sull’assenza di nocività delle onde elettromagnetiche per la salute umana [10]
ha successivamente ritenuto che: "Le
opportune procedure di valutazione di impatto ambientale…sono cosa ben diversa
dalla procedura di V.I.A. contemplata dall’art. 6 della L. 8.7.1986 n.349…e
dal D.P.R. 12.4.1996…,e consistono semplicemente negli accertamenti sanitari
preventivi e successivi all’attivazione degli impianti in questione spettanti
al P.M.P. delle AUSL (al fine di garantire la compatibilità degli impianti di
radio base con tutela sanitaria della popolazione residente)…" [11].
Può
altresì segnalarsi TAR Abruzzo, Sez. Pescara [12],
che ha respinto la domanda incidentale di sospensiva proposta in relazione a
ricorsi aventi per oggetto l’annullamento di una autorizzazione edilizia di
realizzazione per impianto di stazione radio base, sia perché nella esecuzione
del provvedimento non veniva ravvisato alcun pregiudizio grave ed irreparabile
per i ricorrenti, sia perché è stato ritenuto che la procedura di V.I.A. non
potesse essere attivata perché, leggesi testualmente in motivazione,
“ ... allo stato non esiste una
specifica normativa di necessità della V.I.A. sulle antenne di telefonia mobile...”.
Le
decisioni assunte dal TAR Abruzzo meritano qualche spunto di riflessione.
La
tesi dei Giudici Abruzzesi è che per l’attivazione della procedura di V.I.A.
sulle antenne di telefonia mobile debba essere emanata dalla Regione una
specifica normativa (che nel caso di specie manca), che - da un lato - preveda
espressamente la necessità della VIA per le antenne di telefonia mobile e -
dall’altro - detti le regole e le procedure specifiche da seguire per la
valutazione di impatto ambientale.
I
Giudici Abruzzesi, pertanto, non hanno ritenuto sufficienti - per attivare la
VIA - la presenza
nell’ordinamento regionale di norme che prevedono le procedure da seguire in
via generale (cioè non con specifico riferimento alle antenne di telefonia
mobile), per la valutazione di
impatto ambientale.[13]
Ad
avviso di chi scrive tale tesi, non solo è eccessivamente rigorosa e formalista
(finendo così per vanificare e rendere lettera morta il portato dell’art. 2,
comma 2 bis, della Legge 189/1997 che, al contrario, espressamente richiede che
la installazione delle stazioni radio base sia preceduta dalla previa
valutazione di impatto ambientale), ma sembra altresì contrastare con il
dettato normativo.
L’art.
2, comma 2 bis della Legge 189/1997, non richiede che il legislatore regionale
detti norme specifiche in materia di VIA sugli impianti di stazione radio base.
Al
contrario tale disposizione, con l’espressione “opportune
valutazioni di impatto ambientale” sembra lasciare ampia discrezionalità
al legislatore regionale, nel senso che questi sarà libero di adottare e
stabile le procedure di VIA che più ritiene opportune, ben potendo essere
considerate “opportune” (cioè idonee al raggiungimento dello scopo
che la norma intende perseguire) procedure di VIA già esistenti perché
dettate per altre opere. Ciò nell’ambito delle proprie valutazioni
discrezionali -.
Tale
ultima tesi (e cioè che è sufficiente, per dare corso alla procedura di
V.I.A., la presenza di norme di recepimento del d.P.R. 12 aprile 1996), sembra
trovare conforto nelle decisioni assunte da una parte della Giurisprudenza di
merito e dal Consiglio di Stato.
Ed
invero, il TAR Puglia, Sez. Bari, prima ed il Consiglio di Stato di Stato poi [14]
hanno ritenuto attivabile la procedura di VIA in relazione ad una fattispecie in
cui mancava una specifica normativa regionale che espressamente prevedeva la
necessità della VIA per le antenne di telefonia mobile, essendovi soltanto una
normativa regionale di attuazione del d.P.R. 12 aprile 1996 [15].
*******
In
ultimo è da segnalare che in alcune decisioni si
richiedono la partecipazione dei controinteressati al procedimento di
verifica del rispetto delle emissioni radioelettriche e ritengono illegittimi i
provvedimenti sanzionatori che si basano su accertamenti compiuti in difetto di
contraddittorio [16].
3)
Analisi dei provvedimenti adottati dai Comuni in materia.
A)
Adozione di regolamenti comunali aventi ad oggetto la fissazione di tetti
massimi di esposizione ai campi elettromagnetici più bassi di quelli previsti
dalla normativa nazionale.
Alcuni
Comuni, mossi dall’intento di assicurare una migliore tutela sanitaria della
popolazione, hanno adottato
regolamenti in cui vengono fissati limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici più bassi di quelli previsti dalla normativa nazionale.
I
Tribunali Amministrativi, chiamati a pronunciarsi sulla legittimità di tali
provvedimenti, li hanno dichiarati
illegittimi con la motivazioni che il Comune non è competente ad emanare
provvedimenti aventi per oggetto la fissazione dei tetti di radioemissioni
compatibili con la salute umana, quale condizione per il rilascio delle
concessioni di installazione degli impianti di stazioni radio base per sistemi
di telefonia mobile.
Per
il TAR Lombardia [17].
è da considerarsi illegittimo, per carenza assoluta di potere, un regolamento
in cui vengono fissati limiti di esposizione ai campi elettromagnetici più
bassi di quelli previsti dalla normativa nazionale.
L'ordinanza
si segnala per la sua importanza nella materia, ampiamente discussa, della
localizzazione degli impianti di telefonia mobile nell'ambito del territorio
comunale.
Nel
caso di specie la società Siemens Information and Comunication Networks S.p.a.
aveva proposto ricorso avverso la delibera del Consiglio comunale di Cormano
avente ad oggetto approvazione di
un Regolamento che disciplinava la localizzazione e l'installazione delle
stazioni radio base.
Il
regolamento introduceva criteri di
localizzazione, fissando distanze
minime tra detti impianti e le
zone con destinazione residenziale,
ed imponeva
il rispetto del limite di 3 V/m e 0,008 A/m per gli impianti posti ad una
distanza minore di quella prescritta dal Regolamento stesso.
Con
il medesimo ricorso venivano impugnati
anche due provvedimenti del Comune di Cormano aventi ad oggetto il diniego di
concessione edilizia perché gli impianti erano
in contrasto con l'art. 8 del Regolamento (Misure di cautela sanitaria), ai
sensi del quale: "Tutte le
installazioni (sia nuove sia esistenti, ivi comprese le modifiche di impianti
esistenti) devono rispettare i limiti imposti dal D.M. 381/98, fatte salve
eventuali successive modifiche ed integrazioni normative, e la distanza di 150 m
da scuole, asili nido, ospedali, case di cura, di riposo e altre strutture
sanitarie e da zone con destinazione residenziale. Qualora posti a distanza
inferiore dovranno garantire il rispetto del limite di 3 V/m e 0,008 A/m allo
scopo di una migliore tutela sanitaria della popolazione maggiormente sensibile
nel rispetto delle indicazioni contenute nel documento ISPELS/ISS, fatti salvi
ulteriori aggiornamenti in materia".
Giova
ricordare che con l’impugnato Regolamento il
Comune di Cormano aveva introdotto
il limite di 3 V/m e 0,008 A/m (cioè un limite più basso di quello
previsto dall’art. 4 del D.M. 381/1998 che – come è noto - stabilisce il
limite di 6 V/m per il campo elettrico e 0,016 A/m per il campo magnetico
tollerabile in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a
quattro ore), allo scopo di una
migliore tutela sanitaria della popolazione.
Il
TAR Lombardia, con l’ordinanza in commento, ha sospeso l’impugnato
provvedimento sul rilievo che, da
un lato, la legge n. 249/1997 affida al Ministero dell'Ambiente il potere di
determinare i tetti di radioemissioni compatibili con la salute umana,
condizione per il rilascio delle concessioni di installazione degli impianti di
stazioni radio base per sistemi di telefonia mobile e che, dall’altro, l'art.
4 del D.M. 381/1998, fatte salve le attribuzioni dell'Autorità per le garanzie
nelle telecomunicazioni, attribuisce
espressamente alle regioni e alle
province autonome il potere di disciplinare
l'installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione al fine di
garantire il rispetto dei limiti di
cui sopra.
Ne
deriva il difetto assoluto di competenza del Comune ad emanare provvedimenti di
tal genere, ancorchè l'esercizio di detto potere venga fondato sulla pretesa di
proteggere la salute pubblica
In
termini analoghi si è pronunciato anche il TAR Veneto [18]
che ha dichiarato illegittimo un regolamento in cui si fissavano limiti di
esposizione ai campi elettromagnetici più bassi di quelli previsti dalla
normativa nazionale con la motivazione che la materia della tutela della salute
è devoluta allo Stato a norma della L. 833/1978, di talchè i Comuni non sono
competenti ad emanare siffatti regolamenti potendo solo esercitare attività
direte a verificare il rispetto e l’osservanza di tali limiti.
*
* *
B)
Regolamenti comunali aventi ad oggetto la disciplina della installazione sul
territorio del Comune delle stazioni radio base.
Altri
Comuni, con la motivazione di disciplinare la installazione sul loro territorio
delle stazioni radio base, hanno
adottato regolamenti in cui vengono fissati criteri e modalità della relativa
installazione.
Tali
regolamenti sovente prevedono delle localizzazioni degli impianti in zone
determinate (spesso in zone non residenziali) limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici più bassi di quelli previsti dalla normativa nazionale.
La
Giurisprudenza amministrativa, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di
tali provvedimenti, si è generalmente pronunciata nel senso della loro
legittimità, sul rilievo che un regolamento edilizio che
disciplina la installazione sul territorio del Comune di stazioni radio
base costituisce espressione della potestà discrezionale riconosciuta alle
Amministrazioni comunali in materia di disciplina dell'assetto del territorio;
Per
TAR Lombardia [19]
la determinazione (contenuta nella in una norma regolamentare) di consentire la
localizzazione di impianti quali quello in questione solo in una determinata
zona territoriale costituisce legittimo esercizio della potestà discrezionale
riconosciuta alle Amministrazioni comunali in materia di disciplina dell'assetto
del territorio.
La
fattispecie che ha dato luogo all’ordinanza in commento è la seguente.
La
società Siemens Information and Comunication Networks S.p.a aveva proposto
ricorso per l'annullamento,
previa sospensione dell'esecuzione, della deliberazione del Consiglio Comunale
di Cinisello Balsamo n. 69 del 13.07.2000, di approvazione del regolamento per
le installazioni di stazioni radio base per telecomunicazioni e radiotelevisive
e di due provvedimenti diniego di concessione edilizia pronunciati
dall'Amministrazione resistente.
Il
diniego era motivato con il contrasto,
dell’intervento richiesto, con le prescrizioni contenute nel regolamento
approvato dalla medesima Amministrazione per le installazioni di stazioni radio
per telecomunicazioni e radiotelevisive.
La
società ricorrente lamentava un radicale vizio di incompetenza nell'atto
impugnato ritenendo che l'Amministrazione avesse voluto dettare una disciplina
regolamentare a tutela della salute dei cittadini, integrando e superando le
previsioni già dettate con il D.M. 381/98 in materia di tutela della salute da
inquinamento da elettrosmog.
Il
TAR Lombardia, ha ritenuto non
fondata la censura avanzata dal ricorrente ed ha per contro ritenuto che
l’adozione di un regolamento che permette la
localizzazione di impianti di stazioni radio base solo in determinate
zone costituisce esercizio del potere discrezionale riconosciuto in capo alle
amministrazioni comunali in materia edilizia ed urbanistica.
Il
TAR Lombardia, pertanto, non
ha inteso riconoscere al regolamento carattere igienico sanitario, ma ha
individuato le finalità dell'atto
adottato dal Comune nel controllo
dello sviluppo del territorio, al cui interno possono trovare legittimamente
posto anche previsioni per la dislocazione delle antenne per la telefonia
mobile.
L’ordinanza
del TAR Lombardia merita particolare attenzione perché fissa il principio
che la disciplina della localizzazione della antenne può essere
contenuta legittimamente anche in un regolamento autonomo rispetto al
regolamento edilizio comunale.
In
senso analogo si è pronunciato il TAR Veneto [20],
che ha riconosciuto la legittimità della disciplina per la localizzazione e
l'installazione delle antenne introdotta, con un procedimento di variante, nel
regolamento edilizio del Comune di Venezia.
In
relazione alla fattispecie di cui trattasi (che, peraltro, aveva ad oggetto una
ipotesi di variante allo strumento urbanistico generale e non già un autonomo
regolamento), si è ritenuta la legittimità del provvedimento sul rilievo che
il provvedimento non si configura quale determinazione assunta a fini di tutela
ambientale o igienico sanitaria, ma ad esclusivi fini edilizio-urbanistici,
chiaramente presupposti dall’art. 80 dal D.P.R. 24 luglio 1997 n. 616,
dell’art. 34, comma 2, del D. Lvo 31 marzo 1998 n. 80 nonché dagli artt. 1 e
4 della L.R. 27 giugno 1985 n. 61.
Sulla
validità di tali regolamenti sembra essersi altresì espresso il Tar Puglia,
Sezione staccata di Bari [21]
, che ha respinto la richiesta di sospensiva di un Regolamento adottato da un
Comune per l’installazione, la modifica e l’adeguamento delle stazioni radio
base per la telefonia cellulare e servizi similari - antenne emittenti
radiotelevisive per mancanza di danno attuale e concreto.
Il
Regolamento impugnato organizzava l’inserzione nel territorio comunale delle
antenne per la telefonia cellulare e per le teleradiocomunicazioni attraverso
l’introduzione di varie misure e prescrizioni allo scopo di garantire, nelle
more dell’introduzione di una specifica normativa statale e regionale di
settore il conseguimento di più
elevati livelli di tutela della salute pubblica e della salubrità
dell’habitat residenziale dai rischi dell’inquinamento elettromagnetico.
Il
rigetto dell’istanza di sospensiva sembra confermare la titolarità in capo al
Comune del potere di gestione e di programmazione del territorio da parte degli
enti locali, in merito alla disciplina della installazione degli impianti di
stazioni radio base.
In
senso contrario occorre peraltro segnalare TAR Puglia, Sez. Lecce [22]
che ha ritenuto illegittimo il
regolamento edilizio, perché adottato in carenza di potere,
per non essere ancora stata adottata la disciplina quadro regionale
relativa agli impianti di radiocomunicazione [23].
5)
La tutela cautelare di fronte all’A.G.O. in caso di lesione del diritto alla
salute.
Nell’ipotesi
in cui la messa in funzione dell’impianto comporti l’insorgenza di un
rischio per la salute può ipotizzarsi la tutela di fronte al Giudice Ordinario,
nelle forme della inibitoria ex art. 700 c.p.c. .
E’
cioè possibile adire il Giudice Ordinario per ottenere un provvedimento diretto
ad impedire l’entrata in funzione dell’impianto (ovvero, in caso di
funzionamento dello stesso, a ottenere una riduzione della potenza massima in
uscita, ovvero ancora, la sua disattivazione), anche
se
il provvedimento amministrativo in base al quale l’impianto è stato
autorizzato è stato adottato nel rispetto delle norme vigenti.
Con
una recente sentenza [24]
la Cassazione civile ha ritenuto, da un lato, che
la tutela giudiziaria del diritto alla salute nei confronti della
pubblica amministrazione possa essere esperita anche in via preventiva ed essere
cioè esercitata anche prima che l’impianto entri in funzione[25]
.
Dall’altro
la Cassazione ha ritenuto che sono da ritenere privi di efficacia (e in quanto
tali possono essere disapplicati dal Giudice Ordinario) i provvedimenti della
pubblica amministrazione che – ancorchè formalmente legittimi in quanto
adottati nel rispetto delle disposizioni relative ai limiti massimi di
esposizione ai campi elettromagnetici – producano l’effetto di incidere
negativamente sulla salute dell’individuo [26]
.
La
Cassazione, pertanto, ha ritenuto che:
1)
Il diritto alla salute è un diritto fondamentale dell’individuo che l’art.
32 della Costituzione protegge direttamente [27];
2)
Le discipline relative ai limiti massimi di esposizione ai campi
elettromagnetici , data la loro natura di atti di normazione secondaria, hanno
il valore di impedire che possa essere attuata una condotta che vi contrasti ma
non hanno il potere di rendere lecita la condotta che – pur rispettosa di tali
norme – esponga a pericolo la salute dell’individuo senza il suo espresso
consenso[28].
Sarà
pertanto invocabile la tutela preventiva del diritto alla salute, nelle forme i
cui all’art. 700 c.p.c., nei casi
in cui in ragione delle circostanze del caso concreto vi sia un pericolo
concreto ed attuale per la salute individuale derivante dalla entrata in
funzione dell’impianto, nonostante il rispetto delle normative relative ai
limiti di esposizione ai campi elettromagnetici.
Tuttavia,
per il vittorioso esperimento dell’azione, sarà peraltro onere della parte
che invoca la tutela cautelare quello di dimostrare che, in concreto,
l’entrata in funzione dell’impianto costituisce un fattore di grave rischio
per la propria salute.
Occorrerà
infatti considerare con chiarezza e precisione quale tipo di danno alla salute
potrebbe derivare al soggetto ricorrente in ragione della entità delle
radiazioni effettivamente emesse dall’impianto o di quelle che effettivamente
saranno emesse dall’impianto una volta entrato in funzione (es. portare di
pace- maker cardiaco il cui funzionamento sarebbe pregiudicato delle onde
elettromagnetiche emesse dall’impianto[29]),
non essendo sufficiente la prospettazione del timore di un potenziale
danno per la salute ricollegabile al futuro funzionamento dell’impianto o,
ancora, la violazione della normativa urbanistica [30].
[1]
Cfr. A. De Zotti, Controversie
su inquinamento da campi elettromagnetici, Relazione tenuta al convegno
su “Onde elettromagnetiche e salute pubblica” organizzato il 6.12.1997
dalla Provincia di Siracusa e dall’AssiQual, Associazione Siciliana
Sicurezza Igiene Qualità, in http://www.giust.it.
Cfr. altresì F. Petullà, Elettrosmog,
La Consulta premia la severità della legge veneta, in Edilizia e
Territorio, n. 42/1999, pag. 34 e seg.
[2]
CORTE
COST. Sentenza 7 ottobre 1999, n. 382,
Pres. Cons. c. Reg. Veneto, in Giur. Costit., 1999, 2941, Riv. Pen., 1999,
1077.
Con
la stessa sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la
q.l.c., sollevata sotto il profilo della violazione dell'interesse nazionale
e di altre regioni, dell'art. 1 commi 1 e 2 l. reg. Veneto riapprovata dal
consiglio regionale nella seduta del 29 luglio 1997 (Prevenzione dei danni
derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti. Regime
transitorio), che nell'introdurre una disciplina transitoria in tema di
distanze di rispetto degli elettrodotti, stabilisce che dopo l'1 gennaio
1998: a) negli strumenti urbanistici devono essere previste distanze tra le
linee elettriche aeree esterne con tensione superiore o uguale a 132 Kv e le
aree destinate a nuove costruzioni, tali che il campo elettrico e
l'induzione magnetica non superino i valori previsti dall'art. 4 l. reg. 30
giugno 1993 n. 27; b) lo stesso criterio va rispettato per le distanze delle
nuove linee elettriche aeree esterne rispetto alle costruzioni esistenti.
La
Corte ha ritenuto che la generica denuncia di lesione di interesse nazionale
e di quello di altre regioni, per il fatto che, prevedendo valori di campo
elettrico e magnetico di gran lunga inferiori a quelli introdotti dal
d.P.C.M. 23 aprile 1992, comporterebbe un incremento di spese per l'ente
gestore, che graverebbe su tutti gli utenti del territorio nazionale, a
fronte di un presunto beneficio limitato agli abitanti della regione Veneto,
si risolve infatti in una doglianza di merito, inidonea a dare ingresso al
sindacato di costituzionalità, atteso che le censure di merito si
distinguono da quelle di legittimità essenzialmente per l'inesistenza di un
parametro legale di giudizio. Nel caso
in esame la Corte ha rilevato che nel ricorso mancava qualsiasi riferimento
a dati normativi dai quali possa evincersi che gli interessi, di cui si
denuncia la lesione, si siano tradotti in positiva determinazione della
legge statale.
[3]
Per Cons. Stato (Sez. V), 15
dicembre 1986, n. 642 (Soc. Rosengarten c. Com. Brennero), in Giur. It.,
1987, III, 1, 172, Cons. Stato, 1986, I, 1895, Riv. Giur. Edil., 1987, I,
68, Giust. Civ., 1987, I, 1330, Foro Amm., 1986, 2729, Vita Notar., 1987,
230, Foro It., 1987, III, 493. In
base alla vigente normativa urbanistica sono rilevanti ai fini del rilascio
della concessione edilizia soltanto quegli interventi incidenti sul
territorio per i quali la incidenza nell'ambiente sia tale, per quantità e
qualità, da determinare un apprezzabile mutamento di esso: in particolare,
per gli interventi sul territorio diversi dalla realizzazione di opere
edilizie e che si risolvono in mera trasformazione del territorio (nel quale
ambito ricade evidentemente l'installazione di un'antenna radiotelevisiva)
l'impatto che essi inducono va valutato non già in via astratta e
speculativa, ma in maniera concreta, con riferimento alle reali condizioni
ambientali ed urbanistiche in cui essi si inseriscono (nella specie si è
esclusa la necessità della concessione per antenne emittenti a sviluppo
verticale per altezze di dieci o dodici metri ancorate direttamente nel
suolo ed accompagnate da piccoli box di servizi realizzate su terreni
collocati sulla cima gallina in zona isolati di alta montagna ove esistono
altri impianti trasmittenti di più imponenti dimensioni di proprietà
pubblica).
E'
pertanto illegittimo l'ordine di demolizione di alcune antenne trasmittenti
radiotelevisive, installate in difetto di concessione edilizia, ove non
siano tali da determinare una trasformazione urbanistica e edilizia, non
provocando un apprezzabile mutamento del territorio (nella specie, si è
esclusa la legittimità dell'ordine di demolizione di alcune antenne
trasmittenti radiotelevisive di modeste dimensioni, installate in una zona
disabitata di alta montagna ed accompagnate da due piccoli box di servizio).
[4] Cons. Stato (Sez. V), sentenza 6 aprile 1998, n. 415, Scholz e altro c. Prov. auton. Bolzano, in Cons. Stato, 1998, I, 585 Foro Amm., 1998, 1046. Per una applicazione del principio secondo cui è necessario il rilascio della concessione edilizia per l’esecuzione di opere, ove il mutamento che esso determinano abbiano un qualche rilievo ambientale ed estetico, anche solo funzionale, cfr. Cons. Stato (Sez. V), 14 dicembre 1994, n. 1486, Com. Venezia e altro c. Soc. Serenissima lavanderia, in Riv. Amm. della Repubblica Italiana, 1995, 152.
[5] TAR EMILIA-ROMAGNA, SEZ. II - Sentenza 4 aprile 2000 n. 432 - Pres. Papiano, Est. Trizzino