TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 2757 del 23 luglio 2025
Urbanistica.Demolizione e ricostruzione

L'intervento di ristrutturazione edilizia, pur con le ampie concessioni legislative in termini di diversità tra la struttura originaria e quella frutto di "ristrutturazione", non può prescindere dal conservare traccia dell'immobile preesistente. Non pare irragionevole escludere la sussistenza di elementi di continuità quando, come nel caso di specie, un edificio a due piani, di cui uno solo adibito a residenza, viene sostituito da una palazzina di cinque piani fuori terra, oltre il piano interrato, composta da otto appartamenti che, all’evidenza, produce un carico urbanistico ampiamente superiore e, perciò, molto diverso da quello prodotto dall’edificazione precedente. Tale intervento deve qualificarsi come intervento di nuova costruzione. (segnalazione M. Grisanti)

N. 02757/2025 REG.PROV.COLL.

N. 01570/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1570 del 2024, proposto da
TENKAI REAL ESTATE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Benedetta Mussini con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via della Moscova, n. 18;

contro

COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonello Mandarano, Paola Cozzi e Maria Lodovica Bognetti con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizi e domicilio eletto presso gli Uffici dell’Avvocatura comunale in Milano, Via della Guastalla, n. 6;

per l'annullamento

del provvedimento in data 18 giugno 2024, pratica 27594/2023, con cui il Comune di Milano, Direzione Specialistica Attuazione Diretta PGT e SUE, Unità Interventi Diretti, Municipio 4, ha dichiarato “l’improcedibilità alla dichiarazione di efficacia della Segnalazione Certificata di Inizio Attività alternativa al permesso di costruire, atti P.G. 535127/2023, trasmessa in data 20.10.2023, pratica JPE n. 27594/2023”;

di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti tra cui (i) la Delibera di Giunta Comunale n. 199 del 23 febbraio 2024, avente ad oggetto: “Linee di indirizzo per lo sviluppo delle attività amministrative in materia urbanistico-edilizia”, nonché (ii) la disposizione di servizio n. 3 e (iii) la disposizione di servizio n. 4, entrambe adottate in data 20 marzo 2024 dalla Direzione Rigenerazione Urbana del Comune di Milano, in attuazione del punto 2 del dispositivo della predetta Delibera di Giunta Comunale n. 199 del 23 febbraio2024.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 giugno 2025 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Tenkai Real Estate s.r.l., odierna ricorrente, è proprietaria di un immobile – situato nel territorio del Comune di Milano e catastalmente identificato al foglio 484, mappale 34c – di due piani fuori terra suddiviso in due unità immobiliari autonome di cui la prima, al piano terra, ad uso autorimessa e la seconda, al piano primo, ad uso residenziale.

In data 20 ottobre 2023, la predetta società ha presentato al Comune di Milano una SCIA alternativa al permesso di costruire avente ad oggetto un intervento, qualificato di ristrutturazione edilizia, di demolizione del citato immobile e di costruzione al suo posto di una palazzina ad uso residenziale di cinque piani fuori terra, oltre il piano interrato, composta da otto appartamenti e da sette posti auto pertinenziali.

Il Comune di Milano, in data 18 giugno 2024, ha adottato un atto con cui ha inibito tale SCIA. La ragione principale per la quale è stato adottato questo atto si basa sul rilievo che l’intervento non potrebbe essere qualificato come intervento di ristrutturazione edilizia ma dovrebbe essere qualificato come nuova costruzione; di conseguenza, non risulterebbe rispettato il parametro relativo alla superficie coperta previsto dall’art. 21, comma nono, lettera b), della NA del Piano delle Regole del PGT che, per le nuove costruzioni, deve essere inferiore al 60 per cento della superficie fondiaria.

Contro questo atto è principalmente diretto il ricorso in esame,

Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Milano.

La Sezione, con ordinanza n. 820 del 26 luglio 2024, ha fissato l’udienza di trattazione del merito ai sensi dell’art. 55, cod. proc. amm.

Nel corso del giudizio le parti hanno depositato memorie insistendo nelle loro conclusioni.

La causa è stata trattenuta in decisione in esito all’udienza pubblica del 3 giugno 2025.

Conviene partire dall’esame del settimo motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 per non aver l’Amministrazione inviato la comunicazione di preavviso di rigetto ivi prevista.

La censura non è fondata in quanto, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale dal quale il Collegio non ha motivo per discostarsi, la segnalazione certificata di inizio attività non è una vera e propria istanza di parte per l'avvio di un procedimento amministrativo, bensì una dichiarazione di volontà privata di intraprendere una determinata attività ammessa direttamente dalla legge. Il denunciante la SCIA, infatti, è titolare di una posizione soggettiva originaria che rinviene il suo fondamento diretto ed immediato nella legge che non ha bisogno di alcun consenso della pubblica amministrazione. Ne consegue che la segnalazione di inizio attività non instaura alcun procedimento autorizzatorio destinato a culminare in un atto finale di assenso, espresso o tacito, da parte dell'amministrazione; e, in assenza di procedimento, non c'è spazio né per la comunicazione di avvio né per il preavviso di rigetto (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 18 febbraio 2019, n. 1111; id. sez. VI , 26 ottobre 2022, n. 9125; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 25 novembre 2024, n. 1673; T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 6 maggio 2024, n. 2942; T.A.R. Lazio Roma, sez. II , 22 gennaio 2024 , n. 1190).

Si può ora passare all’esame dei primi tre motivi di ricorso che possono essere trattati congiuntamente.

Con il primo motivo, parte ricorrente rileva che il provvedimento impugnato sarebbe stato emanato, non già in applicazione della norma di cui all’art. 3, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001 (disposizione che contiene la definizione degli interventi edilizi), ma in applicazione di una disposizione di servizio interna (la n. 4/2024) emessa da un dirigente del Comune di Milano, la quale fornirebbe una definizione di ristrutturazione edilizia contrastante con quella prevista dalla succitata norma nonché contrastante con quella fornita dal vigente PGT. Ritiene pertanto l’interessata che l’atto impugnato sia illegittimo posto che le determinazioni di servizio interne non potrebbero introdurre modifiche alla normativa primaria, né a quella contenuta nello strumento urbanistico. Aggiunge la ricorrente che la disposizione di servizio n. 4/2024 sarebbe stata emanata al solo fine di adeguare la prassi interna all’interpretazione fornita dal giudice penale (che ha avviato un’indagine che vede il coinvolgimento di diversi dipendenti del Comune di Milano) all’art. 3, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001, e ciò nonostante lo stesso Comune abbia dimostrato di non ritenere corretta tale interpretazione. Viene pertanto dedotto il vizio di eccesso di potere per sviamento atteso che si sarebbe in tal modo perseguito un interesse meramente personalistico (quello di mettersi al riparo dalla responsabilità civile e penale) con sacrificio dell’interesse pubblico.

Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 3, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001 il quale, a differenza di quanto ritenuto dal Comune, nella formulazione vigente a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 10 del d.l. n. 76 del 2020, fornirebbe una definizione molto ampia di ristrutturazione edilizia che ricomprenderebbe anche le ipotesi di demolizione e ricostruzione di altro edificio avente caratteristiche del tutto diverse da quelle proprie dell’immobile demolito. Non vi sarebbero dunque ragioni per impedire la realizzazione dell’intervento oggetto della SCIA del 20 ottobre 2023, e ciò anche considerando che l’immobile che dovrebbe sostituire quello in essere svilupperà una superficie coperta inferiore a quella sviluppata dall’immobile da demolire.

Questa censura viene ripresa e sviluppata nel terzo motivo, con il quale la parte contesta le argomentazioni poste a fondamento della tesi sostenuta dal giudice penale e fatta propria dal Comune di Milano, rilevando che tale tesi si fonderebbe su una giurisprudenza formatasi, per la maggior parte, prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 76 del 2020. Aggiunge l’interessata che, in ogni caso, l’immobile che essa intende realizzare presenterebbe elementi di continuità con quello che si intende demolire (il quale è anch’esso in parte adibito a funzioni residenziali). Ritiene pertanto che, anche aderendo alla tesi restrittiva da essa avversata, l’intervento oggetto della SCIA del 20 ottobre 2023 andrebbe comunque assentito.

Ritiene il Collegio che queste censure siano infondate per le ragioni di seguito esposte.

L’art. 10 del decreto legge n. 76 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 120 del 2020 ha modificato il terzo e il quarto periodo dell’art. 3, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001 stabilendo che <<nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche […]. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza>>.

Come si vede questa norma ha specificato che rientrano nell’ambito concettuale della ristrutturazione edilizia anche quegli interventi che comportano la realizzazione di un edificio diverso, rispetto a quello demolito, per sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.

In realtà anche la legislazione previgente dava della ristrutturazione una definizione molto ampia posto che l’art. 3, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001, nella formulazione antecedente alla novella del 2020, poneva quale unico limite, per poter considerare un intervento di demolizione e ricostruzione alla stregua di un intervento di ristrutturazione edilizia, quello del rispetto della precedente volumetria: in tal senso disponeva il terzo periodo della citata lett. d), derogato, per gli interventi su immobili soggetti a vincoli paesaggistici, dall’ultimo periodo che, per questo specifico caso, imponeva anche il rispetto della sagoma.

Ciò precisato va ora osservato che, secondo un orientamento giurisprudenziale formatosi prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 786 del 2020, sebbene nelle ipotesi di demolizione e ricostruzione non sia necessario il rispetto del vincolo della sagoma, si fuoriesce dall’ambito della ristrutturazione edilizia e si rientra in quello della nuova costruzione quando fra il precedente edificio e quello da realizzare al suo posto non vi sia alcuna continuità, producendo il nuovo intervento un rinnovo del carico urbanistico che non presenta più alcuna correlazione con l’edificazione precedente (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 22 giugno 2021, n. 4791; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 18 maggio 2020, n. 841).

Questo orientamento è stato confermato dalla Cassazione penale anche a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 10 del d.l. n. 76 del 2020. Afferma invero la Corte di Cassazione che << la conferma della ontologica necessità che l'intervento di ristrutturazione edilizia, pur con le ampie concessioni legislative in termini di diversità tra la struttura originaria e quella frutto di "ristrutturazione", non possa prescindere dal conservare traccia dell'immobile preesistente, è fornita dallo stesso art. 10 sopra già citato, integrativo dell'art. 3 comma 1 lett. d) del D.P.R. n. 380 del 2001, laddove si premette che le novelle introdotte rispondono "al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo>> (Cassazione penale, sez. III, 6 novembre 2022, n. 1670).

A questa giurisprudenza si è di recente adeguata la Sezione (si veda in tal senso T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 7 agosto 2024, n. 2353).

Ritiene pertanto il Collegio che, contrariamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, l’interpretazione fornita dalla disposizione di servizio n. 4/2024 all’art. 3, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001 debba considerarsi corretta, con conseguente irrilevanza delle ragioni che hanno determinato l’Amministrazione ad emanare tale atto (ragioni che peraltro appaiono comprensibili e compatibili con l’interesse pubblico posto che non avrebbe senso autorizzare interventi edilizi considerati, dal giudice penale, in contrasto con legge penale).

Per qualificare l’intervento oggetto della SCIA del 20 ottobre 2020, il Comune di Milano ha quindi dovuto procedere alla valutazione riguardo alla sussistenza/assenza di elementi di continuità fra immobile da demolire e immobile da realizzare.

Questa valutazione costituisce tipica espressione di discrezionalità tecnica la quale, come noto, può essere sindacata dal giudice amministrativo solo nel caso di evidenti errori di fatto e/o di manifesta irragionevolezza.

Ritiene il Collegio che, nella fattispecie in esame, non ricorrano le ipotesi che consentono il sindacato del giudice amministrativo, posto che non pare irragionevole escludere la sussistenza di elementi di continuità quando, come nel caso di specie, un edificio a due piani, di cui uno solo adibito a residenza, viene sostituito da una palazzina di cinque piani fuori terra, oltre il piano interrato, composta da otto appartamenti che, all’evidenza, produce un carico urbanistico ampiamente superiore e, perciò, molto diverso da quello prodotto dall’edificazione precedente.

Diviene a questo punto agevole rilevare la correttezza della decisione di inibire la SCIA del 20 ottobre 2020 posto che, alla luce delle considerazioni sopra svolte, l’intervento di cui è causa deve qualificarsi come intervento di nuova costruzione, e che non è contestato che l’immobile che la ricorrente intendere realizzare in sostituzione di quello da demolire svilupperà una superficie coperta superiore al parametro stabilito dall’art. 21, comma nono, lettera b), della NA del Piano delle Regole del PGT il quale, per le nuove costruzioni, prevede che la superficie coperta deve essere inferiore al 60 per cento della superficie fondiaria.

Per tutte queste ragioni va ribadita l’infondatezza delle censure in esame.

Si può a questo punto prescindere dall’esaminare le censure contenute negli altri motivi di ricorso volte a contestare le altre ragioni che, a dire della ricorrente, avrebbero indotto il Comune ad adottare il provvedimento impugnato. Si è visto infatti che tale atto si fonda principalmente sulla considerazione che l’intervento oggetto della SCIA del 20 ottobre 2023 deve essere qualificato come intervento di nuova costruzione che non rispetta il parametro previsto dal PGT riguardante la superficie coperta; e si è visto anche che tale ragione fondante è risultata immune dalle censure dedotte con il ricorso. Ne consegue che l’ipotetico accoglimento dei restanti motivi non potrebbe comunque comportare l’annullamento dell’atto.

In conclusione, per tutte le ragioni illustrate, il ricorso va respinto.

La complessità delle questioni affrontate e la particolarità della situazione di fatto giustificano la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 3 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:

Maria Ada Russo, Presidente

Giovanni Zucchini, Consigliere

Stefano Celeste Cozzi, Consigliere, Estensore