Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Consiglio di Stato Sez. VI n. 5732 del 12 giugno 2023
Urbanistica.Accertamento inottemperanza ingiunzione di demolizione
L'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione costituisce un evento normativamente configurato alla stregua di un atto ad efficacia meramente dichiarativa, che si limita a formalizzare l'effetto (acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale) già verificatosi alla scadenza del termine assegnato con l’ingiunzione stessa. La mancata indicazione dell'area nel provvedimento di demolizione può comunque essere colmata con l'indicazione della stessa nel successivo procedimento di acquisizione. La posizione del destinatario dell'ingiunzione è quindi tutelata dalla previsione di un successivo e distinto procedimento di acquisizione dell'area rispetto al quale, tra l'altro, assume un ruolo imprescindibile l'atto di accertamento dell'inottemperanza nel quale va indicata con precisione l'area da acquisire al patrimonio comunale.
Cass. Sez. III n. 26807 del 21 giugno 2023 (UP 16 mar 2023)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Di Laudo
Urbanistica.Disciplina antisismica e falso
Non v’è dubbio che, ai fini di cui agli artt. 83 ss. d.P.R. 380 del 2001, i calcoli strutturali debbano essere presentati – e verificati – con riguardo ad ogni parte del fabbricato, come chiaramente prescritto, ad es., nell’art. 84, comma 1, del citato testo unico (cfr., in particolare, sub lett. d). La fedele rappresentazione dell’edificio sulle tavole allegate alle istanze volte al rilascio dell’autorizzazione sismica, in quanto finalizzata a consentire la dovuta verifica da parte del competente ufficio tecnico regionale, deve pertanto attenere non soltanto all’involucro esterno del manufatto ma anche alla sua conformazione interna, sicché dovevano certamente formare oggetto di corretta rappresentazione anche i locali del piano seminterrato.
Consiglio di Stato Sez. VI n. 5813 del 16 giugno 2023
Elettrosmog.Demolizione opere abusive consistenti in box e tralicci
La disciplina riveniente dal combinato disposto degli artt. 16 e 32 della Legge 6 agosto 1990 n. 223 nonché dell'articolo 23 della Legge 3 maggio 2004 n. 11 non contempla affatto un meccanismo di sanatoria edilizia in favore delle strutture delle emittenti autorizzate, a livello ministeriale, alla attività di diffusione radio-televisiva. Ciò in quanto, in primo luogo, l'art. 27 della legge n. 112 del 2004 prescrive che possano continuare ad operare esclusivamente gli impianti che non siano "in contrasto con le norme urbanistiche vigenti in loco" e che, in secondo luogo, la stessa l. n. 223 del 1990 sottintendeva la necessità di tale controllo, disponendo che il censimento ministeriale costituisse titolo per la richiesta di permesso di costruire (art. 4). Né appare dirimente l’art. 32 della l. n. 223 del 1990 (a mente del quale i “privati, che alla data di entrata in vigore della presente legge eserciscono impianti per la radiodiffusione sonora o televisiva in ambito nazionale o locale…, sono autorizzati a proseguire nell’esercizio degli impianti stessi, a condizione che abbiano inoltrato domanda per il rilascio della concessione di cui all’art. 16 entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al rilascio della concessione stessa ovvero fino alla reiezione della domanda e comunque non oltre settecentotrenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”) . E, infatti, detta disposizione si riferisce testualmente alla “concessione per l'installazione e l'esercizio di impianti di radiodiffusione sonora e televisiva” di cui all’art.16, atto quest’ultimo necessario, nello schema della legge n. 223 del 1990, per ottenere la (allora) “concessione edilizia” contemplata dal già citato art. 4 della medesima legge.
Manca una rete concettuale adeguata nel mare dei servizi pubblici locali (servizi, tariffe, rifiuti, concorrenza, libera iniziativa economica, ecc.)?
di Alberto PIEROBON
Cass. Sez. III n. 26805 del 21 giugno 2023 (UP 16 mar 2023)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Consorzio Trasporti
Rifiuti.Terre e rocce da scavo e nozione di sito
La nozione di “sito” come “area o porzione di territorio, geograficamente definita” e “determinata”, oppure “perimetrata”, è tipica del diritto penale dell’ambiente (v., nel primo senso, con riguardo cioè all’ulteriore specificazione della “determinazione”, l’art. 240, lett. a, d.lgs. 152/2006; nel secondo senso, con particolare riguardo alla “perimetrazione”, l’art. 2, lett. i, d.P.R. 120 del 2017). Essa, dunque, non si presta a ricomprendere distinte ed autonome porzioni di territorio che, benché ricadenti nel medesimo comune e non distanti tra loro, non siano contigue e abbiano addirittura diversa destinazione: ci si trova in tal caso di fronte a due distinte aree e non ad una sola area definita e determinata, in modo tale da poter essere circoscritta in un unico perimetro. Né può indurre in contrario avviso il fatto che i lavori nei due diversi siti siano in qualche modo sin dall’origine “collegati”: la certezza del riutilizzo del materiale è bensì requisito essenziale della disciplina derogatoria in parola – come, peraltro, di quella prevista dal d.P.R. 120/2017 – ma essa non è sufficiente, richiedendosi anche, appunto, che il materiale non fuoriesca dal medesimo sito inteso come unica area suscettibile di perimetrazione.
La fascia costiera tutelata si calcola dal limite del demanio marittimo
di Stefano DELIPERI
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