Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Attuazione degli articoli 2 e 3 della direttiva (UE) 2018/849, che modificano le direttive 2006/66/CE relative a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche
Consiglio di Stato Sez. II n. 5379 del 7 settembre 2020
Ambiente in genere.Procedimento di valutazione impatto ambientale: ratio e caratteri
La verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale costituisce un procedimento di valutazione preliminare (cd. screening) autonomo e non necessariamente propedeutico alla V.I.A. vera e propria, con la quale condivide l’oggetto - l’ “impatto ambientale”, inteso come alterazione “qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa” che viene a prodursi sull’ambiente - ma su un piano di diverso approfondimento. Nella fase della verifica di assoggettabilità a V.I.A. di un progetto (c.d. screening), l’Amministrazione ha la facoltà, e non l’obbligo, di richiedere chiarimenti e dettagli di carattere tecnico o di altra natura, come espressamente previsto dall’art. 19, comma 6, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Nell’inserire tale previsione il legislatore ha evidentemente inteso introdurre un elemento di discrezionalità valutativa anche in ordine alla scelta tra allungare i tempi dell’istruttoria, con il coinvolgimento della parte, ovvero addivenire al diniego allo stato degli atti, avendo esso ad oggetto non la V.I.A., ma la mera possibilità di pretermetterla. Nella fase della verifica di assoggettabilità a V.I.A. di un progetto (c.d. screening), non è dovuto l’invio del preavviso di rigetto ex art. 10-bis, l. n. 241 del 1990 giusta l’assoluta specialità del procedimento de quo, che resta un - eventuale - passaggio intermedio verso la V.I.A. completa, al cui interno verranno recuperate tutte le necessarie istanze partecipative, e gli apporti contributivi che la parte vorrà addurre, in quanto essa sì risolvibile in un atto di diniego
TAR Emilia Romagna (BO) Sez. II n. 538 del 31 luglio 2020
Urbanistica.Contributo concessorio
Il contributo concessorio è in buona sostanza strettamente connesso all'attività di trasformazione del territorio e quindi, ove tale ultima circostanza non si verifichi, il pagamento risulta privo della causa dell'originaria “obbligazione di dare”, cosicché l'importo versato va restituito; il diritto al rimborso sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente: la parziale realizzazione di opere previste nel permesso di costruire non può che comportare una riduzione dell'aggravio del carico urbanistico della zona e manifestare una minore capacità contributiva rispetto all'ipotesi in cui tutte le opere assentite fossero edificate. Da ciò l'ulteriore corollario che, allorché si dia luogo alla rinuncia al permesso di costruire o questo rimanga inutilizzato, ovvero nelle ipotesi di intervenuta decadenza del titolo edilizio, sorge in capo all’amministrazione, anche ai sensi dell'articolo 2033 c.c. o, comunque, dell'articolo 2041 c.c., l'obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, e il diritto del privato a pretenderne la restituzione
Attuazione dell'articolo 1 della direttiva (UE) 2018/849, che modifica la direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso
La tempesta perfetta delle materie plastiche, in particolare del PET
di Alberto PIEROBON
TAR Veneto Sez. II n. 694 del 30 luglio 2020
Beni culturali. Vincoli diretti ed indiretti
L'ordinamento conosce due distinte forme di tutela, comunemente nota come “vincolo”, dei beni immobili di interesse culturale. In primo luogo, v’è il cd. vincolo diretto, che riguarda “le cose immobili... che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”: esso grava per legge sugli immobili di tal tipo che appartengano “allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro”, sì che il relativo decreto ha natura ricognitiva, e assume lo scopo pratico di consentire una trascrizione con efficacia pubblicitaria nei registri immobiliari, mentre va costituito con un apposito provvedimento, di carattere stavolta costitutivo, se il bene immobile appartiene a soggetti diversi da quelli elencati. Così il vigente art. 10 del d. lgs. 22 gennaio 2004 n°42, in sostanza riproduttivo delle abrogate norme degli artt. 1 e 3 della l. 1 giugno 1939 n°1089. Esiste poi il cd. vincolo indiretto, in base al quale “Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”, così come previsto ora dall’art. 45 comma 1 del citato d. lgs. 42/2004 e in precedenza dall’art. 21 della l. 1089/1939. E’ il vincolo volto a proteggere la cd. “quinta”, ovvero il contesto in cui il bene culturale si inserisce: si fa l’esempio di un palazzo storico concepito come sito al centro di un’area libera, che perderebbe la propria identità se venisse circondato da costruzioni moderne su quell’area realizzate.
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