Cass. Sez. III sent. 19254 del 20 maggio 2005 (p.u. 13 aprile 2005)
Pres. Savignano Est. Grillo Ric. Granata
Acque - Scarico con superamento dei limiti tabellari - Modalità di campionamento
In tema di scarichi di acque reflue industriali, successivamente alle modifiche introdotte all'art. 59 del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152 ad opera dell'art. 23 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 258, il reato di superamento dei limiti tabellari posti dallo Stato si configura anche in relazione alle sostanze diverse dalle 18 indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 del citato decreto n. 152 del 1999. Tale orientamento appare maggiormente condivisibile rispetto ad altro di segno opposto perché rispecchia l'intenzione del legislatore di rendere più rigoroso il decreto 152 anche alla luce delle nuove disposizioni comunitarie
Il campionamento medio è il metodo ordinario di campionamento dei reflui al quale è tuttavia possibile derogare con adeguata e congrua motivazione che può essere fornita anche in sede giudiziaria
Svolgimento del processo
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Napoli confermava integralmente la sentenza 26/11/2002 del Tribunale di Benevento, in composizione monocratica, con la quale Granata Giulio - quale legale rappresentante della ditta "Colagiovanni s.r.l." ed incaricato della gestione del relativo impianto di depurazione - era stato condannato alla pena di giorni 10 di arresto ed € 3.000,00 di ammenda in ordine alla contravvenzione di cui all'art. 59, commi 1 e 5, D.L.vo n. 152/1999, accertata il 9/11/2000 (scarico di acque reflue industriali con superamento del valore limite consentito relativamente al parametro "fosforo totale").
Avverso detta sentenza ricorre l'imputato, deducendo: 1) erronea applicazione dell' art. 59 D.L.vo n. 152/1999, in quanto questo deve interpretarsi, anche dopo la modifica subita per effetto dell'art. 23 D.L.vo n. 258/2000, nel senso dell'avvenuta depenalizzazione degli "stabellamenti" riferiti a sostanze incluse nella "tabella 3", ma non anche nella "tabella 5" dell'Allegato 5 al decreto; 2) violazione di legge, e precisamente del punto 1.2 dell'Allegato 5 sopra indicato, che prescrive un campionamento "medio" effettuato almeno nell'arco di tre ore, giacché nella fattispecie in esame esso venne invece effettuato in soli venti minuti, senza peraltro fornire alcuna giustificazione di tale scelta.
Con memoria 5/4/2005, la difesa ribadisce, con analitici approfondimenti e citazioni giurisprudenziali, le proprie argomentazioni, insistendo per l’annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza.
All'odierna udienza il P.M. e la difesa concludono come riportato in epigrafe.
Il ricorso merita accoglimento nei limiti appresso indicati.
La prima doglianza è infondata.
Sul punto l’orientamento giurisprudenziale non è uniforme ed il contrasto è stato segnalato dall'Ufficio del Massimario presso questa Corte con relazione n. 90/04 del 6/10/2004.
Da una parte (Case. Sez. III, 29 ottobre 2003, PG/Bonassi ed altro; 20 febbraio 2004, Lo Piano; Sez. fer., 22 agosto 2001, Pirotta) si sostiene: "In tema di scarichi di acque reflue industriali, con la entrata in vigore del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 258, modificativo dell' art. 59 del D.Lgs. 11 maggio 1999 n. 152, sono sottoposti a sanzione penale gli scarichi che superano i limiti tabellari posti dallo Stato ed individuati nelle Tabelle 3 e 4 anche per le sostanze diverse dalle 18 indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5, atteso che la attuale formulazione colloca il riferimento sostanze indicate nella Tabella 5 solo dopo la indicazione dei limiti più restrittivi fissati dalle Regioni, solo per i quali deve farsi riferimento alle sostanze individuate dalla citata Tabella 5".
Secondo l’opposto orientamento (Cass. Sez. III, 18 marzo 2004, Troiso; 28 aprile 2004, Anselmi), invece, "ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 59, comma quinto, del D.Lgs. 11 maggio 1999 n. 152 occorre la ricorrenza simultanea di due condizioni: l’una che siano superati i valori limite fissati nella Tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella Tabella 4 dell'Allegato 5 e l’altra, che si tratti, di una delle sostanze individuate nella Tabella 5 dello stesso allegato".
Il Collegio, condividendo la diffusa ed analitica motivazione della sentenza (PG tn proc. Bonassi ed altro), che comunque richiama, aderisce al primo dei due menzionati orientamenti, seguito dai giudici del merito nella fattispecie in esame.
Oltre alle argomentazioni svolte dalla indicata decisione, si ritiene che la stessa rispecchi l’intenzione del legislatore del 2000 di rendere più rigoroso il decreto 152, alla luce della normativa comunitaria anche successiva, e trovi maggiore riscontro nella lettera dell'art. 59, comma 5, in questione.
L' inciso "in relazione alle sostante indicate nella tabella 5 dell'allegato 5", infatti, è stato posposto al riferimento ai "limiti più restrittivi" fissati da autorità diverse dallo Stato (regioni, province autonome, autorità competente ex art. 33, comma 1) per significare che è consentito ad esse - in casi particolari – l’abbassamento dei limiti fissati dal legislatore delegato nelle tabelle 3 e 4 del decreto 152, ma tuttavia - in questa ipotesi di accentuato rigore - la risposta sanzionatoria penale è subordinata ad una condizione ulteriore, e cioè che si tratti delle 18 sostanze pericolose elencate nella tabella 5 dell' allegato 5. Altrimenti trova applicazione il disposto dell'art. 54, comma 1, che - in ossequio alla riserva statale dello ius puniendi - sanziona solo in via amministrativa il superamento dei limiti di emissione più restrittivi fissati da “autorità diverse”.
Peraltro l’uso della congiunzione disgiuntiva “ovvero”, in luogo di una copulativa, impedisce alla proposizione subordinata finale di riferirsi ad entrambe le previste fattispecie anziché esclusivamente alla seconda. Aldilà della facile e corrente critica al modo di legiferare, invero, se si fosse voluto affermare quanto sostenuto dal secondo orientamento sopra ricordato, sarebbe stato sufficiente, e semplice, inserire l’inciso de quo tra le parole "supera" e “i valori fissati", anteponendolo cioè all'indicazione delle due diverse fattispecie e così riferendolo chiaramente ad entrambe.
Si ritiene pertanto infondata, come si è detto, la prima doglianza.
Merita invece accoglimento la seconda.
Anche tale questione, relativa alle modalità di campionamento del refluo, ha fatto registrare posizioni non uniformi di questa Corte Suprema, soprattutto prima del D.L.vo n. 258/2000, che, modificando il punto 1.2 dell'allegato 5, ha stabilito che “le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell' arco di tre ore", con la ulteriore specificazione che "l’autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale dì campionamento, effettuare il campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico". E' stata in tal modo affermata la natura ordinaria del campionamento medio, a cui però è possibile derogare, ma con congrua motivazione, al fine di rappresentare adeguatamente uno specifico scarico; peraltro alla inosservanza di tali previsioni-disposizioni non è collegata alcuna sanzione, dovendosi ipotizzare la possibilità di fornire anche in sede giudiziaria una adeguata motivazione della scelta operata, fatta salvarla valutazione da parte del giudicante.
Questa impostazione trova pieno riscontro in Cass. Sez. III, 14 maggio 2003, Lazzaroni, secondo cui: “in tema di controllo dei reflui degli scarichi il metodo di campionamento è regolamentato da una metodica flessibile, in quanto accanto al criterio ordinario, riferito ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore, prevede la possibilità di criteri derogatori in relazione alle specifiche esigenze del caso concreto, quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione allo scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico così come dal tipo di accertamento, la cui valutazione spetta all'autorità amministrativa di controllo nonché, in sede processuale, al giudice penale".
Nello stesso senso: Sez. III, 17 ottobre 2002, Taschetti e, successivamente, Sez. III, 21 gennaio 2004, Lecchi, nella quale si specifica che "l'inosservanza del metodo di campionamento medio nell’arco di tre ore non è assoggettata ad alcuna sanzione, atteso che spetta all'autorità amministrativa di controllo, ed in sede processuale al giudice, valutare la razionalità del metodo adottato in relazione alle specifiche caratteristiche del ciclo produttivo e delle modalità dello scarico".
Orbene, nel caso di specie la Corte distrettuale non ha indicato le ragioni per le quali la regola del "campionamento medio" nell'arco di tre ore sia stata - nel caso di specie - derogata, limitandosi a richiamare la menzionata sentenza Taschetti.
Sul punto, dunque, alla luce.della richiamata giurisprudenza, ma soprattutto della ricordata norma, deve ravvisarsi un difetto totale di motivazione, che impone l’annullamento della gravata decisione con rinvio al giudice del merito. Questi dovrà accertare se l’effettuato prelievo dei ref1ui su tempi diversi da quelli prescritti come regola, quale pacificamente emerge in atti, sia stato determinato dall'esigenza di ottenere un campione più rappresentativo dello scarico in questione nella sua effettiva composizione chimica o da altra necessità, ovvero vi sia stata semplicemente una inottemperanza alle prescrizioni contenute nell'allegato 5, punto 1.2. comma 2, del D.L.vo n. 152/1999.