TAR Campania (SA) Sez. II n. 764 del 29 giugno 2020
Urbanistica.Estensione della retroattività in melius alle sanzioni amministrative in materia edilizia

Sebbene non manchino arresti favorevoli ad estendere la retroattività in melius alle sanzioni in materia edilizia, l’orientamento prevalente esclude il carattere penale delle sanzioni amministrative in materia edilizia, sottolineandone la “realità”, ossia la precipua funzione di ricostituire il corretto assetto del territorio, siccome orientate anche nei riguardi di chi alcun illecito abbia in verità commesso (ad esempio, il proprietario non responsabile dell’abuso).

Pubblicato il 29/06/2020

N. 00764/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01571/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1571 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Francesco Paolo Mascolo e Luigi Collina- nella qualità di legale rappresentante della ditta individuale Always Positano di Luigi Collina- rappresentati e difesi dall'avvocato Sergio Mascolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Positano, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento,

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del provvedimento prot. n. 7820 del 25 giugno 2018, a firma del Responsabile Area Tecnica – Edilizia Privata del Comune di Positano con cui è stato vietato l’utilizzo del locale commerciale sito in Positano alla Via Pasitea n° 153 poiché privo di agibilità e sprovvisto di legittimità urbanistico/edilizia;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale, comunque lesivo per i ricorrenti, ancorché da essi non conosciuto;

per quanto riguarda i motivi aggiunti:

- dell'ordinanza di demolizione n. 19 dell'11 marzo 2019 – Prot. n. 3600 – a firma del Responsabile dell'Area Tecnica Edilizia Privata del Comune di Positano;

- di ogni altro provvedimento presupposto, connesso o conseguenziale, comunque lesivo per i ricorrenti;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2020 il dott. Igor Nobile tramite collegamento da remoto sulla piattaforma Team, e trattenuta la causa in decisione sulla base degli atti depositati, ai sensi dell’art.84, co.5, d.l. n.18/2020, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n.27;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato al Comune di Positano (Sa) in data 24.9.2018 a mezzo pec, nonché tempestivamente depositato in data 23.10.2018, i ricorrenti, come in epigrafe descritti e rappresentati, hanno adito questo Tribunale, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento di cui alla nota prot.n.7820 del 25.6.2018, con cui il predetto Comune ha dichiarato l’irricevibilità e l’archiviazione della CILA postuma (prot.n. 6540 del 25.5.2018) relativa ai locali siti in Positano, via Pasitea n.153, nonché il divieto di utilizzo degli stessi perché non conformi alla disciplina urbanistico-edilizia e comunque privi di agibilità;

2. Con successivi motivi aggiunti, notificati il 13.5.2019 e ritualmente depositati, i ricorrenti hanno altresì proposto impugnazione nei riguardi del provvedimento di cui alla nota prot.n. 3600 dell’11.3.2019, con la quale il predetto Comune ha adottato l’ordinanza demolitoria n.19 dell’11.3.2019, relativa alle opere ritenute abusive, ivi indicate (opere interne di manutenzione straordinaria già indicate nella CILA del 25.5.2018, abusivo frazionamento dell’edificio in tre distinte unità immobiliari);

2. I ricorrenti, in particolare, hanno rappresentato che:

- il sig. Paolo Francesco Mascolo è comproprietario dell’immobile ubicato nel Comune di Positano, alla via Pasitea n.153, identificato in catasto al fl.4, mapp.537, sub 15, con destinazione commerciale, regolarmente edificato;

- il sig. Luigi Collina è il titolare della ditta individuale “Always Positano di Luigi Collina”, che allo stato conduce in locazione detti locali, adibiti ad attività commerciale, giusto regolare contratto di locazione;

- in data 19.2.2018, il sig. Collina, nella qualità di titolare della predetta ditta individuale, ha presentato la CILA, acquisita al prot.n.2432, propedeutica alla realizzazione di alcuni lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria finalizzati all’adeguamento igienico-sanitario dei locali in questione;

- in data 21.5.2018, con nota acquisita al prot.n.6540 del 25.5.2018, il sig. Collina, nella medesima qualità, ha presentato CILA postuma per l’avvenuta esecuzione delle predette opere di manutenzione ordinaria e straordinaria;

- in data 25.5.2018, contestualmente alla CILA per gli interventi edilizi, sono state presentate: a) la SCIA (prot.n.6542) per l’attività di bar/pasticceria e coerente somministrazione di cibi/bevande; b) la SCIA (prot. n 6541) per l’esercizio di vicinato, in ordine alle quali il Comune non ha proposto alcun rilievo;

- in data 4.7.2018, il sig. Luigi Collina, nella medesima qualità, ha inoltre presentato la segnalazione certificata di agibilità, acquisita al prot.n.8243, ai sensi dell’art.24 D.p.r. n.380/2001;

3. Entrambi i ricorrenti, avendone l’interesse, insorgono nei confronti dei summenzionati provvedimenti adottati dal Comune di Positano, asseritamente illegittimi per i seguenti motivi, sinteticamente riassunti e meglio esplicati nel ricorso originario e in quello per motivi aggiunti:

3.1 Violazione dell’art.3, co.1 lett. b) D.p.r. n.380/2001, nella parte in cui l’autorità comunale non ha ritenuto che anche il contestato frazionamento abusivo possa e debba essere sussunto nella fattispecie della manutenzione straordinaria, dopo la modifica apportata dal d.l. n.133/2014, convertito dalla l.n.164/2014;

3.2 Violazione dell’art.6-bis del D.p.r. n.380/2001 e dell’art.19 L.n.241/90, nella parte in cui, per interventi soggetti a CILA, ha applicato una sanzione diversa dall’unica ammissibile, ovvero quella pecuniaria (peraltro già corrisposta);

3.3 Violazione della lettera A1 del primo allegato al D.p.r. n.31/2017, nella parte in esclude dalla necessità di acquisizione del nulla osta paesaggistico le opere interne agli edifici, che non determinano alterazione di volumi, sagome e stato dei luoghi;

3.4 Travisamento dei fatti, per non avere l’autorità comunale verificato e compreso che, in origine, il fabbricato prevedeva unità immobiliari separate, e che il frazionamento realizzato nel 1999 costituisce nei fatti il rispristino dell’originaria condizione dell’immobile, abusivamente accorpato nel 1978;

3.5 Violazione degli artt.55 e 59 cpa, nella parte in cui l’ordinanza demolitoria è stata adottata in spregio alla sospensione cautelare dell’atto presupposto (provvedimento di improcedibilità e archiviazione della CILA del 25.5.2018), disposta con ordinanza di questo Tribunale n. 521/2018;

3.6 Incompetenza del responsabile dell’Ufficio tecnico comunale e pretermissione del responsabile per le attività produttive, atteso che le due SCIA per le attività commerciali sono state presentate al SUAP e non all’ufficio tecnico, essendo la contestazione di cui all’atto prot.n.728 del 25.6.2018 riferita all’attività esercitata.

4. Previa sospensione cautelare nei riguardi del provvedimento prot.n.728 del 25.6.2018, disposta con ordinanza 521/2018 in ragione del fumus boni iuris delle doglianze rappresentate in prime cure, con successiva ordinanza n.1476/2019, il Collegio ha quindi richiesto al Comune di Positano documentati chiarimenti sulle contestazioni alla base dei summenzionati provvedimenti, nonché di prendere posizione su tutte le doglianze palesate nel gravame introduttivo, e con avvertenza espressa che l’eventuale inerzia sarebbe stata valutata ai sensi e per gli effetti dell’art.64, co.4 cpa;

5. Con nota prot. n.14041, del 4.11.2019, depositata in pari data, il Comune di Positano ha confermato le contestazioni mosse agli odierni ricorrenti, evidenziando, fra l’altro:

- l’inapplicabilità del d.l. n.133/2014, relativamente all’estensione dell’ambito oggettivo di applicazione della nozione di manutenzione straordinaria, come ricomprendente gli interventi di frazionamento, alle operazioni poste in essere ante novella, anche alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n.4381/2015 circa la portata non retroattiva della normativa sopravvenuta;

- all’epoca del frazionamento (1999) e comunque fin dal 1985, era precluso il rilascio del permesso di costruire in quanto il locale P.R.G, approvato nel 1985, era in regime cd. di salvaguardia fino al 19.7.2004, data di pubblicazione nel BURC dell’approvazione da parte del competente organo superiore, e durante tale intervallo non era possibile il rilascio di ulteriori titoli edilizi a carattere oneroso;

- la conferma dell’abusivo frazionamento, realizzato nel periodo 1993-1999 rispetto ad un unico locale di mq 72, posto che i ricorrenti non hanno dimostrato, con assolvimento dell’onus probandi a loro carico, lo stato preesistente dell’immobile;

- la mancanza persistente di agibilità dei locali, in quanto la pratica presentata è stata sospesa con provvedimento prot.n.9555 del 3.8.2019;

- l’ampio rifacimento interno dei locali, al fine di renderli idonei all’attività esercitata (pasticceria), ha comunque comportato compromissioni di natura statica sulla struttura;

- la CILA acquisita al prot.n.2432 del 19.2.2018, precedente a quella postuma presentata il 25.5.2018, è stata sospesa dal Comune, con nota prot.n.2850 del 21.3.2018, ritualmente notificata agli interessati;

6. Seguiva la presentazione di ampie memorie a cura di parte ricorrente, ricognitive delle argomentazioni prospettate con i ricorsi, e il rinvio per la trattazione nel merito, disposto all’udienza del 29.1.2020;

7. In esito alle disposizioni introdotte con d.l. n.18/20, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n.27, alla camera di consiglio del 17 giugno 2020 la causa è stata quindi trattenuta in decisione, sulla base degli atti depositati, ai sensi dell’art.84, co.5 d.l. citato.

DIRITTO

1. Per ragioni di correntezza il Collegio reputa opportuno iniziare lo scrutinio dei motivi prospettati con il ricorso per motivi aggiunti, con cui è stata incardinata l’impugnazione nei riguardi del provvedimento demolitorio (ordinanza n.19 dell’11.3.2019).

Le contestazioni mosse dal Comune ai ricorrenti, pertinenti alla conformità edilizia del fabbricato, si articolano nei seguenti rilievi:

- realizzazione abusiva di opere interne (un bagnetto e due nicchie, di cui una ricavata da un preesistente varco, e l’altra ottenuta vicino al bagno per l’alloggiamento del frigorifero).

Le opere in questione vengono espressamente qualificate dal Comune come “interventi di manutenzione straordinaria”;

- abusivo frazionamento immobiliare compiuto nel periodo 1993-1999, consistente nella suddivisione in tre diverse unità immobiliari (civici 155, 157, 159), di un unico locale, di mq 72, regolarmente assentito, atteso che nella domanda di autorizzazione sanitaria, del 1993, l’edificio si presentava unificato.

Ad avviso del Comune, secondo quanto si evince nell’ordinanza demolitoria, sarebbe stato necessario acquisire il preventivo permesso di costruire e, trattandosi di immobile collocato in zona vincolata dal punto di vista paesaggistico, e quindi soggetta ai dettami di cui al D.Lgs.n.42/2004, si imponeva l’adozione della sanzione demolitoria, constatata l’assenza della relativa autorizzazione.

2. In primo luogo, si rileva che la giurisprudenza consolidata esclude che, a fronte di opere interne, pur qualificate in termini di manutenzione straordinaria, l’autorità edilizia possa emettere provvedimento demolitorio (v., quam multis, Consiglio di Stato, sentenza 14.10.2016, n.4627).

Tali interventi, infatti, non costituiscono ristrutturazione edilizia (in assenza o totale difformità dal permesso di costruire), non avendo comportato la realizzazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Dunque, pur a fronte della corretta qualificazione in termini di manutenzione straordinaria, l’autorità ha errato nell’applicazione della (più grave) sanzione, ossia la demolizione ex art.31 D.p.r. n.380/2001, al posto della corretta applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art.6-bis, co.5 D.p.r. n.380/2001.

E’ peraltro corretto l’utilizzo, per tali interventi, dello strumento della CILA, in quanto la SCIA, ai sensi dell’art.22, co.1 lett. a) D.p.r. n.380/2001 è riservata alle (sole) manutenzioni straordinarie su parti strutturali dell’edificio; nel caso in esame, in mancanza di adeguata controdeduzione, non può dirsi che l’intervento edilizio contestato, afferente ad opere interne, abbia riguardato parti strutturali dell’edificio.

Per le opere interne, quand’anche rientranti nel novero delle opere di manutenzione straordinaria, non occorre nemmeno il nulla osta di compatibilità paesaggistica, in quanto l’art.149, co.1, lett. a) D.Lgs.n.42/2004 la esclude espressamente, salvo che si producano alterazioni dello stato dei luoghi o dell’aspetto esteriore (cfr. Tar Brescia, 25.9.2018, n.907), allo stato non comprovati dal Comune (non costituito in giudizio).

3. Il tema del frazionamento è il secondo e (con ogni probabilità) principale motivo di non conformità rinvenuto dall’Autorità comunale.

Anche su tale argomento, le controdeduzioni proposte dai ricorrenti colgono nel segno, in quanto

è stato comprovato (ancora una volta in difetto di controprova), giusto il deposito degli estratti catastali (v. relazione tecnica ing. De Rosa del 14.5.2019, all.to n.2 al deposito del 24.5.2019), che il frazionamento eseguito nel 1999, o comunque realizzato nel periodo 1993-1999, ha in sostanza ripristinato l’originaria condizione di suddivisione del fabbricato, a sua volta abusivamente accorpato nel 1978, talchè è piuttosto l’accorpamento realizzato nel 1978 ad essere sine titulo.

In mancanza di controdeduzione specifica, come già rilevato, il Collegio non può non considerare positivamente il motivo di ricorso, e ciò anche sotto il profilo della carente motivazione del provvedimento impugnato, che non ha considerato detta rilevante circostanza, nonchè dell’adeguatezza dell’istruttoria.

E’ suggestiva, inoltre, l’argomentazione, a più riprese evocata da parte ricorrente, circa la doverosità dell’applicazione retroattiva della modifica legislativa apportata all’art.3, co.1, lett. b) del D.Lgs.n.380/2001 dal d.l. n.12.9.2014, n.133, convertito dalla L.n.164/2014.

Come noto, la novella in parola ha ampliato il catalogo delle opere da qualificarsi ex lege come di manutenzione straordinaria, fino a ricomprendervi anche gli interventi di accorpamento/frazionamento, anche laddove si realizzi tramite l’esecuzione di opere, purchè non venga alterata la volumetria complessiva del fabbricato.

Si tratta di una questione afferente alla tematica, di più ampio respiro, relativa alla possibilità che, anche per le sanzioni amministrative, si applichi (necessariamente) il principio di retroattività della lex mitior, previsto espressamente solo in ambito penale (art.2, co.4 c.p.).

In proposito, occorre considerare le coordinate ermeneutiche tracciate dalla Corte Costituzionale (v., in particolare, sentenza n.63 del 21.3.2019) e dalla CEDU (sentenze Grande Stevens 4.3.2014 e Nykanen 20.5.2014) in tema, rispettivamente, di: copertura costituzionale del principio di retroattività della legge più favorevole anche per le sanzioni amministrative e necessità di riqualificare come penali le sanzioni che, trincerate dietro la formale veste di atto amministrativo, celano in realtà una sostanziale natura penale, ancorchè non siano comminate dall’Autorità Giudiziaria.

Sulla prima questione, la Corte Costituzionale ha escluso che il principio della retroattività della legge favorevole, che trova il punto di riferimento nell’art.3 della Costituzione, possa essere esteso, sic et simpliciter, alle sanzioni amministrative, attesa la irriducibile diversità di funzioni, e per converso di garanzie, che l’ordinamento appresta ai soggetti incisi nell’ambito dei differenti procedimenti.

Piuttosto - alla luce delle acquisizioni rinvenienti dall’elaborazione pretoria della CEDU, ed all’intrinseco valore costituzionale, mediato dall’art.117, primo comma, Cost., che le pronunce della Corte Edu possiedono- occorre valutare se la sanzione prevista dall’art.31 D.p.r. n.380/2001, comminata agli odierni ricorrenti, abbia o meno portata “penale”.

La CEDU ha chiarito come l’elemento discriminante sia costituito dall’afflittività della sanzione penale, intesa in termini sostanziali secondo quanto già chiarito. In estrema sintesi, secondo l’interpretazione della Corte di Strasburgo, la sanzione è penale se mira essenzialmente a punire il reo, con una funzione di deterrenza tipicamente general/specialpreventiva. Viceversa, non ha carattere penale la sanzione che riveste, nell’ordinamento, una funzione ripristinatoria o preventiva, o che tuteli valori diversi e altri rispetto alla mera “punizione” del reo.

Sebbene non manchino arresti favorevoli ad estendere la retroattività in melius alle sanzioni in materia edilizia (v., Tribunale di Bergamo, 14.9.2018, n.1851; ma anche recente Cass. Pen., n.14725 del 4.4.2019, sull’applicazione retroattiva della novella quale norma integratrice del precetto penale), l’orientamento prevalente esclude il carattere penale delle sanzioni amministrative in materia edilizia (v. Tar Campania, Napoli, 13.3.2017, n.1851), sottolineandone la “realità” (cfr. Tar Lombardia, Brescia, n.965 del 7.11.2019), ossia la precipua funzione di ricostituire il corretto assetto del territorio, siccome orientate anche nei riguardi di chi alcun illecito abbia in verità commesso (ad esempio, il proprietario non responsabile dell’abuso).

Astrattamente, l’interpretazione contraria ad ammettere l’applicazione retroattiva del d.l. n.133/2014 sembra preferibile, in considerazione dell’irriducibile diversità di funzioni della sanzione amministrativa (in special modo quella edilizia) rispetto a quella penale.

Tuttavia, ad avviso del Collegio merita considerazione, ferma la conclusione di cui sopra in termini generali, il fatto che, nel caso in esame, si è trattato (ancora una volta in difetto di controprova) di un frazionamento sostanzialmente cartolare, in pratica senza opere (in ogni caso, il Comune non ha collegato al frazionamento l’avvenuta realizzazione di opere propedeutiche).

In simili circostanze, non essendovi la necessità di demolire opere, ed essendo, rebus sic stantibus, detto frazionamento ammissibile sulla base della normativa oggi applicabile, lo stesso ricorso potrebbe valere quale SCIA abilitante.

L’accoglimento dei motivi di ricorso sopra menzionati consente di assorbire le restanti censure proposte da parte ricorrente avverso l’ordinanza demolitoria.

4. Il Collegio passa quindi all’esame dei motivi di ricorso diretti a censurare l’atto prot.n. 7820 del 25.6.2018, con cui il Comune ha:

- dichiarato l’improcedibilità e l’archiviazione della CILA postuma del 25.5.2018;

- ordinato di non utilizzare l’immobile, in quanto: a) non conforme alla normativa edilizia: b) privo di certificazione di agibilità.

5. In via preliminare, si esamina l’eccezione di incompetenza, che parte ricorrente solleva nei riguardi si tale provvedimento, in quanto emanato dal responsabile della struttura tecnica del Comune, anziché del responsabile del Suap.

L’eccezione è infondata, in quanto:

- la CILA è stata inoltrata allo Sportello Unico Edilizia del Comune;

- i motivi ostativi individuati dal Comune pertengono unicamente ad aspetti di carattere edilizio, e anche la rilevata carenza di agibilità non è evidenziata per ragioni che afferiscono all’attività commerciale esercitata (pasticceria), bensì connessi al profilo edilizio tout court, ossia all’immobile in quanto tale.

6. Nel merito, si osserva che:

- la declaratoria di improcedibilità e archiviazione della CILA è affetta da intrinseca carenza di potere, ed è pertanto nulla ai sensi dell’art.21-septies L.n.241/90.

Come la giurisprudenza ha più volte già messo in luce (v. Tar Catanzaro, 29.11.2018, n.2052), nel caso della CILA la sollecitazione che il privato offre alla pubblica autorità non è preordinata, come per la SCIA, di cui pure condivide il carattere liberalizzato dell’attività edilizia, all’esercizio sistematico del potere di controllo, dalla legge tipizzato all’art.19 L.n.241/90, ma semplicemente all’esercizio (tradizionale per così dire) del potere di repressione degli abusi edilizi ex art.27 D.p.r. n.380/2001.

Pertanto, l’adozione di un provvedimento cassatorio, afferente alla CILA, manifesta una intrinseca carenza di potere, da stigmatizzare con la declaratoria di nullità.

Si impone, quindi, l’accoglimento del motivo di ricorso diretto a contestare l’adozione di un provvedimento negatorio (improcedibilità e archiviazione) nei confronti delle opere indicate nella CILA, costituente esercizio di un potere non tipizzato dalla legge (l’art.6-bis D.p.r. n.380/2001 non fornisce infatti alla p.a. i poteri espressi previsti nel caso della SCIA dall’art.19 della L.n.241/90, variamente richiamati anche nel testo unico edilizia).

Nondimeno, atteso che non è comunque preclusa, come chiarito, l’attività di vigilanza e repressione degli eventuali abusi edilizi, si rileva ulteriormente che il potere repressivo è stato già speso dall’autorità comunale, essendosi all’uopo estrinsecato nella gravata ordinanza demolitoria, di contestazione dei ritenuti abusi edilizi (illegittima tuttavia per quanto sopra rilevato). Tala assunto consente altresì di ritenere non necessario l’esame delle ulteriori censure, di carattere urbanistico-edilizio, contenute nel provvedimento prot.n.7820 del 25.6.2018, in quanto non espressamente riportate o menzionate nella successiva ordinanza demolitoria.

7. Il provvedimento prot.n.7820 del 25.6.2018 contiene peraltro un’ulteriore determinazione, ossia quella relativa alla non utilizzabilità dei locali, derivante (oltre che dalle difformità edilizie ivi rilevate) dalla mancanza dell’agibilità, non assorbita dalla mera negazione di efficacia della CILA e, per quello che occupa in questa sede, dalla (anzidetta) nullità ascritta ai sensi dell’art.21-septies L.n.241/90.

Questo Tribunale non può non tenere in considerazione quanto evidenziato dal Comune di Positano, con la nota prot.n.14041 del 4.11.2019, resa in ottemperanza all’ordinanza n.1476/2019, circa l’avvenuta sospensione della pratica di agibilità, adottata con provvedimento prot.n. 9555 del 3.8.2019.

Parte ricorrente non ha controdedotto sul punto, né risulta in atti che:

- detto provvedimento, non impugnato con il presente ricorso, sia stato privato di efficacia;

- sia stata presentata una nuova SCIA ex art.24 D.p.r. n.380/2001.

Occorre quindi prendere atto della persistente carenza di un precedente certificato di agibilità, o comunque di una efficace segnalazione certificata di agibilità, inoltrata dal privato interessato. Non risultano quindi venute meno, in parte qua, le ragioni addotte dall’Autorità comunale a sostegno del divieto di utilizzo dei locali.

L’utilizzo dei locali dovrà pertanto essere assistito da idoneo ed efficace titolo, ai sensi dell’art.24 D.p.r., da acquisirsi in esito alla definizione della pratica di agibilità, già pendente, ovvero alla presentazione di una nuova segnalazione certificata; l’Autorità comunale dovrà comunque procedere nel rispetto dei vincoli conformativi derivanti dalla presente sentenza.

8. Per le ragioni sopra evidenziate il ricorso merita parziale accoglimento, ai sensi e nei limiti sopra chiariti e, per l’effetto:

a) va disposto l’annullamento dell’ordinanza demolitoria n.19, prot.n.3600 dell’11.3.2019;

b) va dichiarata la nullità del provvedimento di cui alla nota prot.n.7820 del 25.6.2018, nella parte in cui ha disposto l’improcedibilità e l’archiviazione della CILA postuma prot.n.6540 del 25.5.2018;

c) viene respinta l’impugnazione avverso il provvedimento prot.n.7820 del 25.6.2018, nella parte in cui ha ordinato il non utilizzo dei locali di cui trattasi per mancanza di agibilità.

Nondimeno sussistono valide ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio, tenuto conto della particolarità della fattispecie, nonché della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente, ai sensi e nei limiti indicati in parte motiva e, per l’effetto:

a) dispone l’annullamento dell’ordinanza demolitoria n.19, prot.n.3600 dell’11.3.2019;

b) dichiara la nullità del provvedimento di cui alla nota prot.n.7820 del 25.6.2018, nella parte in cui ha disposto l’improcedibilità e l’archiviazione della CILA prot.n.6540 del 25.5.2018;

c) respinge l’impugnazione avverso il provvedimento prot.n.7820 del 25.6.2018, nella parte in cui ha ordinato il non utilizzo dei locali.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2020, tramite collegamento da remoto sulla piattaforma Team, con l'intervento dei magistrati:

Nicola Durante, Presidente

Olindo Di Popolo, Consigliere

Igor Nobile, Referendario, Estensore