Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Cass.Pen. Sez. III n. 37117 del 12 settembre 2023 (UP 15 giu 2023)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Nisi
Urbanistica.Applicazione sanzioni ex art. 95 TUE anche per gli interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza
Giusta il chiaro disposto di cui all’art. 94-bis, commi 3 e 4, t.u.e. certo non derogabile dalle disposizioni regionali, è che per gli interventi in concreto privi di rilevanza nei riguardi della pubblica incolumità – così come per quelli di minore rilevanza – non è necessaria le preventiva autorizzazione per l’inizio dei lavori, rilasciata dall’ufficio tecnico della regione ai sensi dell’art. 94 t.u.e., che resta dovuta, pena la sanzione prevista dall’art. 95 t.u.e., soltanto per gli interventi in concreto rilevanti nei riguardi della pubblica incolumità di cui all’art. 94-bis comma 1, lett. a), t.u.e. La nuova disposizione statale, alla luce della quale debbono essere lette le norme di dettaglio previste dalla legislazione regionale, non deroga, invece, all’obbligo – previsto dall’art. 93, commi 1 e 2, t.u.e. – di dare preavviso scritto allo sportello unico comunale, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, dell’intenzione di procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni nelle zone sismiche di cui al precedente art. 83, con allegato progetto firmato da professionista abilitato e dal direttore dei lavori. Questi obblighi – il cui inadempimento resta penalmente sanzionato ai sensi dell’art. 95 t.u.e. – continuano a valere anche se si tratti di interventi non soggetti ad autorizzazione perché in concreto qualificabili come di minore rilevanza o privi di rilevanza nei confronti della pubblica incolumità e la conferma si trae dall’art. 94-bis, comma 5, t.u.e., che per questi demanda alle regioni la facoltà di istituire controlli anche con modalità a campione.
Consiglio di Stato Sez. VI n. 8141 del 1 settembre 2023
Urbanistica.Piani di recupero urbanistico
I piani di recupero urbanistico sono strumenti pianificatori attuativi che assolvono ad una funzione “riparatoria” del tessuto urbano, fronteggiando una situazione creatasi in via di fatto e tenendo conto, oltre alla esigenza di recupero dei nuclei abusivi, anche delle generali esigenze di pianificazione del territorio comunale. In particolare, i piani di recupero costituiscono lo strumento individuato dal legislatore per attuare il riequilibrio urbanistico di aree degradate o colpite da più o meno estesi fenomeni di edilizia "spontanea" e incontrollata, legittimati, appunto, ex post. Essi, cioè, hanno sì l'obiettivo di "recupero fisico" degli edifici, ma collocandolo in operazioni di più ampio respiro su scala urbanistica, in quanto mirate alla rivitalizzazione di un particolare comprensorio urbano. L'esistenza di una “edificazione disomogenea” non solo giustifica la previsione urbanistica che subordina la modifica dei luoghi alla emanazione del piano di recupero, ma impone che questo piano vi sia e sia concretamente attuato, per restituire ordine all'abitato e riorganizzare il disegno urbanistico di completamento della zona
Cass.Pen. Sez. III n. 37114 del 12 settembre 2023 (UP 14 giu 2023)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Ecodemolizioni
Rifiuti.Messa in riserva
L’attività di “messa in riserva” è considerata dalla voce R13 dell’Allegato C alla Parte quarta del d.lgs. 152/2006. Il richiamato allegato – che, appunto, individua, in modo peraltro non esaustivo, le operazioni di recupero giuridicamente rilevanti secondo la definizione datane nell’art. 183, lett. t), d.lgs. 152 del 2006 – considera la «messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)», vale a dire una delle ricorrenti operazioni di riutilizzo, riciclaggio, rigenerazione o recupero dei rifiuti. Anche la messa in riserva – quale attività di gestione dei rifiuti che, insieme al deposito preliminare, rientra nel più ampio genus dello stoccaggio ex art. 183, lett. aa), d.lgs. 152/2006 – dev’essere dunque autorizzata, ovviamente, ex art. 208, comma 11, d.lgs. n. 152 del 2006, pure in relazione all’individuazione dei siti ove stoccare i rifiuti, pena la responsabilità per il reato previsto dall’art. 256, comma 1, d.lgs. 152 del 2006
Consiglio di Stato Sez. IV n. 8098 del 31 agosto 2023
Ambiente in genere.Ambito di applicazione del principio di precauzione
La valutazione scientifica del rischio deve essere preceduta – logicamente e cronologicamente – dall’«identificazione di effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno» e comprende, essenzialmente, quattro componenti: l’identificazione del pericolo, la caratterizzazione del pericolo, la valutazione dell’esposizione e la caratterizzazione del rischio. Essa consiste, dunque, in un processo scientifico che deve necessariamente spettare a esperti scientifici, cioè agli scienziati. La valutazione scientifica deve fondarsi su «dati scientifici affidabili» e su un ragionamento logico «che porti ad una conclusione, la quale esprima la possibilità del verificarsi e l’eventuale gravità del pericolo sull’ambiente o sulla salute di una popolazione data, compresa la portata dei possibili danni, la persistenza, la reversibilità e gli effetti ritardati». Il principio di precauzione consente, quindi, di adottare, sulla base di conoscenze scientifiche ancora lacunose, misure di protezione che possono andare a ledere posizioni giuridiche soggettive, sia pure nel rispetto del principio di proporzionalità inteso nella sua triplice dimensione di idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto. Se, dunque, la fase della valutazione del rischio è caratterizzata prevalentemente (anche se non esclusivamente) dalla “scientificità”, la fase di gestione del rischio si connota altrettanto prevalentemente (anche se non esclusivamente) per la sua “politicità”. Ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione appellante, il principio di precauzione non può legittimare un’interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli. La sua corretta applicazione non conduce automaticamente a vietare ogni attività che, in via di mera ipotesi, si assuma foriera di eventuali rischi per la salute delle persone e per l'ambiente, in assenza di un riscontro oggettivo e verificabile, richiedendo, di contro, una seria e prudenziale valutazione, alla stregua dell'attuale stato delle conoscenze scientifiche disponibili, dell’attività che potrebbe ipoteticamente presentare dei rischi, valutazione consistente nella formulazione di un giudizio scientificamente attendibile.
Cass.Pen. Sez. III n. 36579 del 4 settembre 2023 (CC 17 mag 2023)
Pres. Ramacci Rel. Mengoni Ric. Comune S.M.C.
Urbanistica.Delibera di acquisizione gratuita opera abusiva al patrimonio comunale e demolizione
A fronte di una deliberazione dell'amministrazione comunale, il giudice dell'esecuzione ha il potere di sindacare la delibera di acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio comunale, e ciò in considerazione della natura eccezionale di una simile situazione rispetto alla demolizione, la quale ordinariamente consegue all'accertamento dell'abuso edilizio, il che impone anche un'interpretazione particolarmente restrittiva circa la sussistenza dei presupposti che legittimano la deliberazione medesima. In presenza di una delibera comunale che dichiari la sussistenza di prevalenti interessi pubblici all'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio del comune e alla destinazione ad alloggi per edilizia residenziale, ostativi all'esecuzione dell'ordine giurisdizionale di demolizione, il sindacato del giudice dell'esecuzione sull'atto amministrativo, concernendo il carattere attuale e non meramente eventuale di detto interesse, può avere ad oggetto l'esistenza di approfondimenti tecnico-amministrativi inerenti l'immobile che siano indice del fondamento e della specificità della decisione dell'organo comunale, in linea con il necessario coordinamento tra funzioni dell'organo comunale collegiale e valutazioni tecnico amministrative
Consiglio di Stato Sez. IV n. 8029 del 30 agosto 2023
Ambiente in genere.Differenze tra impianto agrivoltaico e fotovoltaico
L’agrivoltaico è un settore di recente introduzione e in forte espansione, caratterizzato da un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, a metà tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, che si sviluppa con l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica. In particolare, mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione, (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva) nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola. Per effetto di tale tecnica, la superficie del terreno resta, infatti, permeabile e quindi raggiungibile dal sole e dalla pioggia, dunque pienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola. Alla luce di quanto osservato, non si comprende, pertanto, come un impianto che combina produzione di energia elettrica e coltivazione agricola (l’agrivolotaico) possa essere assimilato ad un impianto che produce unicamente energia elettrica (il fotovoltaico), ma che non contribuisce, tuttavia, neppure in minima parte, alle ordinarie esigenze dell’agricoltura. Contrariamente a quanto accade nei progetti che utilizzano la metodica fotovoltaica, infatti, nell’agrivoltaico le esigenze della produzione agricola vengono soddisfatte grazie al recupero, da un punto di vista agronomico, di fondi che versano in stato di abbandono.
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