Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Consiglio di Stato Sez. IV n. 1122 del 11 febbraio 2025
Urbanistica.Potestà urbanistica del Comune
La potestà urbanistica del Comune è volta a regolare il futuro sviluppo del territorio, ma non incide sulla legittimità degli organismi edilizi già esistenti che, a suo tempo, siano stati legittimamente realizzati (nei cui confronti, se del caso, può attivarsi la ben diversa potestà espropriativa). Un cespite legittimamente preesistente (ossia edificato nel rispetto della normativa sull’uso del territorio all’epoca vigente) non può, dunque, essere interessato da successive modifiche della disciplina urbanistica. Ciò, per vero, da un lato risponde al generale (e fondamentale) principio della certezza del diritto, dall’altro, a ben vedere, è in linea con la ratio stessa del potere urbanistico. Questo, infatti, è volto a garantire l’ordinato sviluppo del territorio: se si ammettesse che un Piano urbanistico possa (non solo disporre per il futuro, ma anche) stravolgere l’attuale assetto dell’edificato, rendendolo illegittimo, si stabilirebbe, implicitamente, la precarietà della pianificazione stessa, sempre soggetta a cambiamenti e ripensamenti ex tunc, ciò che ne svuoterebbe la stessa funzione (e, verosimilmente, si porrebbe in frontale tensione con valori costituzionali quale, per quanto qui di interesse, la libera iniziativa economica privata). Oltretutto, la potestà urbanistica non vive isolatamente, ma in un contesto in cui intervengono anche altri poteri, che essa non può obliterare e su cui non prevale gerarchicamente (nella specie, il potere autorizzatorio regionale in ordine alla costruzione ed esercizio di impianti produttivi).
Corte di Giustizia (Decima Sezione) 6 marzo 2025
« Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 2011/92/UE – Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati – Articolo 2, paragrafo 1, e articolo 4, paragrafo 2 – Progetti rientranti nell’allegato II – Lavori di pianificazione urbana – Articolo 4, paragrafi 4 e 5 – Obblighi del committente e dell’autorità competente qualora lo Stato membro interessato decida di richiedere la determinazione di cui ai paragrafi 4 e 5 per tali progetti – Presa in considerazione delle osservazioni presentate da terzi da cui risulti un impatto potenziale del progetto in questione su una specie animale soggetta alla rigorosa tutela prevista dall’articolo 12 della direttiva 92/43/CEE »
Aria e rumore nelle aree urbane, il grido di allarme della UE: normative inadeguate e carenze di applicazione
di Gianfranco AMENDOLA
Consiglio di Stato Sez. II n. 831 del 3 febbraio 2025
Urbanistica. Condono e parere della Soprintendenza
Il parere reso dalla Soprintendenza nell’ambito dei procedimenti di condono ha natura e funzioni identiche all’autorizzazione paesaggistica. Esso ha, quindi, natura vincolante con conseguente impossibilità per l’amministrazione procedente di rilasciare il condono in caso di parere negativo. Il parere favorevole dalla Commissione comunale per il paesaggio non può avere l’effetto di limitare o condizionare l’apprezzamento tecnico-discrezionale della Soprintendenza che diversamente sarebbe deprivata della sua funzione di tutela.
Attestato di libera circolazione di un bene culturale e potere di autotutela. Dubbi sulla legittimità costituzionale dell’art. 21 nonies, c. 1, l. 241/1990 (nota a Cons. Stato, Sez. VI, 16 ottobre 2024, n. 8296)
di Federica CAMPOLO
Consiglio di Stato Sez. II n. 865 del 4 febbraio 2025
Rifiuti.Materiale da scavo
La tesi secondo cui il materiale impiegato nel ciclo produttivo di un’impresa deve essere qualificato come materia prima anche se scaturisce, quale elemento di risulta, dal ciclo produttivo di un’altra impresa, è smentito dal dato normativo. L’art. 185, comma 4, d.lgs 152/2006 prevede, in particolare, che “il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, co. 1, lettera a), 184 bis e 184 ter”. Sulla base della disposizione sopra citata, l’individuazione del regime giuridico del materiale da scavo presuppone la previa qualificazione del medesimo quale rifiuto, sottoprodotto o materiale che ha cessato di essere tale, secondo il seguente ordine: a) in via preliminare, occorre valutare se esso costituisca rifiuto ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera a), ossia se si tratti di materiale “di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”; b) in caso di esito negativo dell’accertamento sub a), occorre valutare se costituisca un sottoprodotto ai sensi dell’art. 184 bis in quanto: b.1) è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale; b.2) è certo che sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; b.3) può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; b.4) l’ulteriore utilizzo è legale; c) ove siano soddisfatti i requisiti sub b) il materiale da scavo, ottenuto come sottoprodotto, può essere utilizzato per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché siano rispettate le condizioni stabilite dall’art. 186 ratione temporis vigente, le quali devono risultare da idoneo allegato al progetto dell’opera, sottoscritto dal progettista (art. 186 comma 4); d) se, invece, il materiale non soddisfa né le condizioni sub a) né quelle b), è possibile escluderne la qualità di rifiuto, sussistendo i presupposti indicati dall’art. 184 ter. In tal caso, potrà essere qualificato come materia prima ed essere reimpiegato senza necessità dell’allegazione di un progetto di riutilizzo.
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