Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Consiglio di Stato Sez. IV n. 1397 del 8 febbraio 2023
Danno ambientale.Differenza con contaminazione
Il danno ambientale di cui all’art. 298 e ss. del codice dell’ambiente e contaminazione di cui agli artt. 239 e ss. del medesimo codice non sono concetti sovrapponibili. La nozione estesa di deterioramento riferibile al primo, infatti, comprende, ma non si esaurisce in, quella di “evento potenzialmente in grado di contaminare il sito”, di cui all’art. 242 del codice dell’ambiente, dal che consegue che non tutta la disciplina in materia di danno ambientale si estende alla diversa tematica delle bonifiche; voler diversamente opinare, nel senso di una totale sovrapponibilità tra i due istituti, significherebbe accettare che, con quella semplice abrogazione della lett. i) dell’art. 303 si sarebbe prodotta un’implicita abrogazione dell’intero Titolo V della Parte IV del codice
Consiglio di Stato Sez. VI n. 1338 del 7 febbraio 2023
Urbanistica.Vincolo cimiteriale
Ai sensi dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 «i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge». Il vincolo cimiteriale, da ritenersi di natura conformativa, determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto e non derogabile, suscettibile di imporsi di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici. La illustrata natura del vincolo preclude, quindi, il conseguimento della sanatoria
TAR Lazio (RM) Sez. II stralcio n. 981 del 19 gennaio 2023
Ambiente in genere.Criteri di Individuazione del soggetto responsabile di inquinamento ambientale
Il principio "chi inquina paga"” - di matrice comunitaria - impone che l’amministrazione compia adeguate indagini per accertare l’autore delle condotte che hanno determinato la contaminazione, senza evidentemente poterle fare gravare su di un soggetto in ragione della sola disponibilità in passato del bene. Ai fini dell'individuazione del soggetto responsabile dell'inquinamento ambientale trova applicazione, ai fini dell'accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra attività industriale svolta nell'area ed inquinamento dell'area medesima, il canone civilistico del “più probabile che non”, secondo una nozione di causa in termini di aumento del rischio, ovvero come contribuzione da parte del produttore al rischio del verificarsi dell'inquinamento. Ne deriva come, conformemente a tale principio (che consiste, dunque, nell'addossare ai soggetti responsabili i costi cui occorre fare fronte per prevenire, ridurre o eliminare l'inquinamento prodotto) l'amministrazione non possa imporre ai privati lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento se non in ragione dell’imputabilità di una relativa condotta dolosa o colposa, da accertarsi previo contraddittorio
La demo-ricostruzione con modifica di sagoma e prospetti: l’evoluzione normativa della categoria della ristrutturazione edilizia ex art. 3 comma 1, lettera d) del d.p.r. n. 380/2001
di Antonio VERDEROSA
Consiglio di Stato Sez. II n. 640 del 18 gennaio 2023
Sviluppo sostenibile.Artato frazionamento degli impianti
Il divieto di artato frazionamento costituisce, quindi, un principio generale dell’ordinamento (solo esemplificato per gli impianti fotovoltaici dall'art. 12 del D.M. 5.5.2011) che opera a prescindere da una espressa e puntuale previsione normativa ed è applicabile a tutti gli impianti che percepiscono incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Cass. Sez. III n. 5576 del 9 febbraio 2023 (UP 12 ott 2022)
Pres. Ramacci Est. Aceto Ric. Rogato
Ambiente in genere.Procedura estintiva delle contravvenzioni
L’art. 318-bis, d.lgs. n. 152 del 2006, pone una precisa linea di confine di tale meccanismo estintivo rispetto alla fattispecie “premiale” prevista, dall’art. 452-decies cod. pen. (ravvedimento operoso), a beneficio degli autori dei delitti ivi previsti, definendo l’ambito di applicazione delle successive norme alle sole contravvenzioni sanzionate dal medesimo decreto n. 152, cit., a condizione che non abbiano cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette. Il danno (o il pericolo concreto e attuale di danno) ostativo alla estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale non si identifica con il "danno ambientale" di cui all'art. 300, d.lgs. n. 152 del 2006, potendo avere dimensioni e consistenza minori e riguardare, oltre le risorse naturali, anche quelle urbanistiche o paesaggistiche protette. Deve pertanto essere respinta la tesi della sostanziale obbligatorietà dell’adozione, da parte dell’organo di vigilanza o della polizia giudiziaria, della procedura estintiva, poiché l’interpretazione letterale deve essere coniugata con quella sistematica, non potendosi prescindere dal presupposto applicativo dell’intera procedura chiaramente preteso dalla norma di apertura dell’intera parte VI bis: l’assenza, come detto, del danno o del pericolo di danno. Ragionare diversamente porterebbe alla conclusione della sostanziale superfluità dell’art. 318-bis, d.lgs. n. 152 del 2006.
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