Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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TAR Valle d'Aosta Sez. unica n. 32 delò 29 aprile 2021
Rifiuti.Gestione discarica e principio di precauzione
L'applicazione del principio di precauzione comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche. È evidente, peraltro, che la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l'adozione di atti generali ovvero, ancora, l'adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l'ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l'ambiente dai danni poco conosciuti, anche solo potenziali
Consiglio di Stato Sez. II n.n. 3836 del 17 maggio 2021
Urbanistica.Agibilità e riferimento anche alla conformità urbanistico-edilizia
Il termine “agibilità” è stato utilizzato dal legislatore in accezioni diverse e non sempre coincidenti.; l’agibilità disciplinata dal d.P.R. n. 380 del 2001 non si identifica completamente con il “vecchio” certificato di abitabilità previsto dal Testo unico delle leggi sanitarie, in quanto presuppone una serie di valutazioni ulteriori; di ciò è prova nell’art. 26, d.P.R. n. 380 del 2001 che ancora oggi consente al Sindaco di intervenire dichiarando la inabitabilità di un immobile, già certificato come agibile, ai sensi dell’art. 222 del T.U.L.S.; altro è, infatti, la strutturale conformità del fabbricato a tutti i requisiti richiesti e, in parte, assorbiti nella conformità al titolo edilizio in forza del quale è stato realizzato, altro la sua (sopravvenuta) carenza di requisiti igienici tale da non consentirne l’occupazione a fini abitativi
Cass. Sez. III n. 20204 del 21 maggio 2021 (CC 29 apr 2021)
Pres. Di Nicola Est. Ramacci Ric. Galleri
Aria.Emissioni odorigene art.272-bis d.lv. 152\06 e concorso con l’art. 674 c.p.
In caso di emissioni odorigene, la violazione delle misure imposte ai sensi dell’art. 272-bis d.lgs. 152\06 per attività che producono emissioni in atmosfera configura la contravvenzione di cui all’art. 279, comma 2 d.lgs. 152\06 se riferita a valori limite di emissione (mentre negli altri casi saranno applicabili le sanzioni amministrative di cui al comma 2-bis del medesimo articolo). Per la violazione delle prescrizioni relative alle emissioni odorigene imposte con l’AIA alle attività ad essa soggette si applicano, invece, le sanzioni di cui all’art. 29-quaterdecies d.lgs. 152\06. E’ inoltre possibile il concorso con il reato di cui all’art. 674 cod. pen., stante la diversità delle condotte sanzionate e l’oggetto della tutela, pur dovendosi distinguere, al fine di definire il concetto di "molestia" che integra la contravvenzione, tra attività produttiva svolta in assenza dell'autorizzazione dell'autorità preposta, per la quale il contrasto con gli interessi tutelati va valutato secondo criteri di “stretta tollerabilità” e quella esercitata in conformità all'autorizzazione e senza superamento dei limiti consentiti, per la quale si deve far riferimento alla "normale tollerabilità" delle persone, che si ricava dall'art. 844 cod. civ. e che ricorre sempre che l'azienda abbia adottato gli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per abbattere l'impatto delle emissioni.
TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 1059 del 29 aprile 2021
Urbanistica.Convenzione urbanistica e posizione del privato
La stipulazione di una convenzione urbanistica attribuisce al privato una posizione di affidamento qualificato, che deve essere adeguatamente ponderata dall’Amministrazione laddove questa intenda modificare la disciplina urbanistica dell’area. La modificazione della pianificazione richiede, in questo caso particolare, una motivazione specifica, ordinariamente non richiesta per le scelte di piano, che sono di regola adeguatamente sorrette dai soli criteri generali di impostazione dello strumento
Corte costituzionale n. 99 del 17 maggio 2021
Oggetto: Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lazio - Modifica della perimetrazione del Parco regionale dell'Appia Antica - Ampliamento e applicazione delle misure di salvaguardia di cui all'art. 8, c. 3, lett. r), della legge regionale n. 29 del 1997, le quali vietano qualsiasi attività edilizia per zone di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con inesistente o limitato grado di antropizzazione.
Dispositivo: manifesta infondatezza - manifesta inammissibilità
Cass. Sez. III n. 16346 del 29 aprile 2021 (UP 11 gen 2021)
Pres. Ramacci Est. Andronio Ric. Baldi
Rifiuti.Reato di combustione illecita
ll reato di combustione illecita di rifiuti, di cui all’art. 256-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, si configura con l’appiccare il fuoco a rifiuti abbandonati, ovvero depositati in maniera incontrollata, non essendo richiesti, per l’integrazione del reato, la dimostrazione del danno all’ambiente e il pericolo per la pubblica incolumità. A fronte di una disciplina originariamente incentrata su illeciti contravvenzionali, salva l’ipotesi del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, prevista dall’art. 260 del d.lgs. n. 152 del 2006, il “nuovo” art. 256-bis, introdotto dall’art. 3 del d.l. n. 136 del 2013, come convertito con modifiche nella legge n. 6 del 2014, nel medesimo d.lgs., ha previsto due delitti nei primi due commi, ai quali vengono affiancati tre circostanze aggravanti al primo, al terzo e al quarto comma, un’ipotesi di confisca al quinto comma, ed un illecito amministrativo che costituisce un limite alla rilevanza penale delle condotte suindicate al sesto comma. Il primo comma così recita: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni». La circostanza che il legislatore abbia introdotto l’espressa clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca più grave reato” e l’avere utilizzato per la la locuzione “appicca il fuoco”, senza ulteriori specificazioni, a differenza della previsione dell’art. 424 cod. pen. nella quale assume significato e rilevanza penale solo se da esso “sorge il pericolo di un incendio”, costituiscono elementi sulla base dei quali si deve ritenere la fattispecie quale reato di pericolo concreto per il quale non assume rilievo l’evento dannoso del danno all’ambiente
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