Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Consiglio di Stato Sez. VI n. 9148 del 23 ottobre 2023
Urbanistica.Ordine di demolizione ed istanza di sanatoria
La legittimità dell’ordine di demolizione va valutata sulla base dei presupposti di fatto e di diritto esistenti al momento dell’emanazione dell’atto impugnato, così che le vicende successive potranno semmai influire sull’adozione degli atti consequenziali o sulla procedibilità del ricorso, ma non incidono sulla decisione di merito. Pertanto, la mera presentazione di una domanda di accertamento di conformità ex art. 36 d.p.r. 380\01 non è in grado di vanificare né di viziare ex post il precedente ordine di demolizione delle opere abusive e quindi neppure può influire direttamente sulla relativa impugnativa in sede giurisdizionale. La presentazione di una istanza di sanatoria ex art. 36 d.p.r. 380/2011 non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso ma determina una mera sospensione dell'efficacia dell'ordine di demolizione con la conseguenza che, in caso di rigetto dell'istanza di sanatoria, l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia. Infatti, per i principi di legalità e di tipicità del provvedimento amministrativo e dei suoi effetti, soltanto nei casi previsti dalla legge una successiva iniziativa procedimentale del destinatario dell'atto può essere idonea a determinare ipso iure la cessazione della sua efficacia. Diversamente da quanto previsto in materia di condono, nel caso di istanza di accertamento di conformità non vi è alcuna regola che determini la cessazione dell'efficacia dell'ordine di demolizione i cui effetti sono, quindi, meramente sospesi fino alla definizione del procedimento ex art. 36 d.p.r. n. 380/2001. Dunque l'avvenuta presentazione di un'istanza di accertamento di conformità, quando sia già stato instaurato un procedimento sanzionatorio, concretizzatosi nell'adozione di un'ingiunzione a demolire, fa sì che questa perda efficacia solo temporaneamente, ossia per il tempo strettamente necessario alla definizione, anche solo tacita, del procedimento di sanatoria ordinaria, con la conseguenza che, ove questa non venga accolta, il procedimento sanzionatorio riacquista efficacia senza la necessità, per l'Amministrazione, di riadottare il provvedimento; tale mancato accoglimento non impone, peraltro, la successiva riadozione dell'atto demolitorio, con ciò attribuendo al privato, destinatario dello stesso, il potere di paralizzare, attraverso un sostanziale annullamento, intrinseco nella mera presentazione di una domanda, finanche pretestuosa, quel medesimo provvedimento
Consiglio di Stato Sez.IV n. 9285 del 27 ottobre 2023
Ambiente in genere.AIA e modifiche impianto
L’art. 29 nonies del d.l.gs n. 152/2006, dispone che il gestore comunica all’autorità competente le modifiche progettate dell’impianto, come definite dall’art. 5, comma 1, lettera l) e che l’autorità competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna l’autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni, oppure, se rileva che le modifiche progettate sono sostanziali, ai sensi dell'art. 5, comma 1, lettera l-bis), ne dà notizia al gestore entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, ai fini degli adempimenti di cui al comma 2 dell’art. 29 nonies del d.lgs. n. 152/2006. Decorso tale termine il gestore può procedere alla realizzazione delle modifiche comunicate. Nel caso, invece, di modifiche ritenute “sostanziali”, il gestore deve inviare all’autorità competente una nuova domanda di autorizzazione corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all’articolo 29-ter, commi 1 e 2. L’art. 29 novies, comma 1, del Codice dell’Ambiente prevede un termine di sessanta giorni entro il quale l’autorità deve pronunciarsi, e in caso di silenzio consente al privato richiedente di procedere a realizzare le modifiche. Tuttavia la disposizione non preclude espressamente all’autorità competente di intervenire successivamente né afferma che la modifica richiesta debba ritenersi approvata “per silentium” in quanto definitivamente qualificata come “non sostanziale”. In base alla regola generale dell’art. 20, comma 4, della l. 7 agosto 1990 n.241, infatti, il silenzio assenso è escluso nei procedimenti in materia ambientale. Una regola diversa dovrebbe essere prevista dalla legge in modo esplicito. Deve pertanto ritenersi che la norma in esame contempli la mera facoltà per il richiedente di procedere con le variazioni progettate, non essendo prevista alcuna perentorietà del termine concesso all’amministrazione, e senza che venga stabilito con espressioni inequivoche “che decorso detto termine l’autorizzazione richiesta debba intendersi resa. Se il gestore ritiene che la modifica proposta sia “non sostanziale”, egli è tenuto a presentare all’Amministrazione non una richiesta di autorizzazione ma una mera “comunicazione”. L’Autorità competente è chiamata a valutare la natura della modifica ed eventualmente a notiziare il gestore della necessità di procedere alla presentazione di nuova domanda di autorizzazione. Solo se il primo termine decorre inutilmente le modifiche comunicate potranno essere lecitamente intraprese, ma ciò solo fino ad una diversa determinazione dell’Amministrazione che ritenga necessario lo svolgimento del procedimento di autorizzazione.
Consiglio di Stato Sez.VI n. 9167 del 23 ottobre 2023
Urbanistica.Opere precarie
La natura precaria di un manufatto, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo. La precarietà dell'opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera e. 5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante
Cass. Sez. III n.45157 del 9 novembre 2023 (PU 27 giu 2023)
Pres. Andreazza Est. Macrì Ric.PM in proc. Caltran
Caccia e animali.Nozione di esemplare nella legge 150 del 1992
Ai sensi della L. 7 febbraio 1992, n. 150 l' "esemplare", oggetto di tutela penale, non è soltanto qualsiasi animale o pianta, vivo o morto, delle specie elencate nelle appendici I, II e III della convenzione di Washington, nell'allegato B e nell'allegato C, parte 1 e 2, del regolamento (CEE) n. 3626/82 (e successive modd. ed integr.), ma anche qualsiasi parte o prodotto, facilmente identificabile, ottenuto a partire da animali o piante di queste stesse specie, nonché qualsiasi altra merce, se da un documento giustificativo, ovvero dall'imballaggio, dal marchio o dall'etichetta, o da qualsiasi altra circostanza, risulti trattarsi di parti o prodotti di animali o di piante appartenenti a queste stesse specie.
Consiglio di Stato Sez. IV n. 9044 del 17 ottobre 2023
Rifiuti.Spandimento dei fanghi biologici in agricoltura e competenze del comune
La materia relativa alla utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura attiene all’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, che è di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione e la stessa disciplina primaria, all’art. 6, ha in materia previsto un diretto potere esercitato dalla Regione. Pertanto, muovendo da tali presupposti normativi, si perviene, sotto un primo profilo, ad affermare che i Comuni non sono titolari di potestà regolamentare in materia di spandimento dei fanghi biologici in agricoltura restando riservata agli stessi solo la potestà di sanzionare la violazione delle disposizioni regolamentari preventivamente stabilite dalla Regione, ove queste si sostanzino in violazioni della normativa regolamentare in materia di igiene
Cass. Sez. III n.43823 del 31 ottobre 2023 (CC 4 ott 2023)
Pres. Ramacci Est. Di Stasi Ric.Portoghese
Urbanistica.Inefficacia provvedimenti di sanatoria atipici
Essendo illegittimi i provvedimenti di sanatoria "atipica" che prescindano dal requisito della doppia conformità, il giudice penale non può attribuire ad essi alcun effetto, non soltanto con riguardo all'estinzione del reato urbanistico, ma pure rispetto alla non irrogazione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva previsto dall'art. 31, comma 9, T.U.E., ovvero alla revoca dello stesso qualora il provvedimento amministrativo contra legem sia eventualmente stato emanato successivamente al passaggio in giudicato della sentenza.
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