Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Consiglio di Stato Sez. IV n. 1776 del 21 febbraio 2023
Ambiente in genere.Inquinamento e responsabilità
In materia ambientale, l’accertamento del nesso fra una determinata presunta causa di inquinamento ed i relativi effetti - accertamento che evidentemente rileva per decidere se determinati interventi per eliminarlo siano giustificati - si basa sul criterio del “più probabile che non”, ovvero richiede che il nesso eziologico ipotizzato dall’autorità competente sia più probabile della sua negazione. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nell’interpretare il principio “chi inquina paga” (che consiste nell'addossare ai soggetti responsabili i costi cui occorre far fronte per prevenire, ridurre o eliminare l’inquinamento prodotto), ha fornito una nozione di causa in termini di aumento del rischio, ovvero come contribuzione da parte del produttore al rischio del verificarsi dell’inquinamento. Per poter presumere l’esistenza di un siffatto nesso di causalità l’autorità competente deve disporre di indizi plausibili in grado di dar fondamento alla sua presunzione, quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore all'inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell'esercizio della sua attività. Quando disponga di indizi di tal genere, l'autorità competente è allora in condizione di dimostrare un nesso di causalità tra le attività degli operatori e l’inquinamento diffuso rilevato. Conformemente all’art. 4, n. 5, della direttiva 2004/35, un’ipotesi del genere può rientrare pertanto nella sfera d'applicazione di questa direttiva, a meno che detti operatori non siano in condizione di confutare tale presunzione
Cass. Sez. III n. 7237 del 21 febbraio 2023 (UP 22 nov 2022)
Pres. Di Nicola Est. Semeraro Ric. Carosi
Caccia e animali.Traffico illecito di animali da compagnia
L’introduzione, tramite attività organizzate, degli animali di cui all’art. 4 della legge n. 201 del 2010 deve avvenire mediante condotte, finalizzate a procurare per sé o per altri un profitto, realizzate mediante la predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione. La parola attività è, infatti, adoperata al plurale ed indica, quindi, un complesso di mezzi, di risorse, di cui un soggetto di avvale per realizzare il suo fine, qui l’introduzione; tali attività devono essere organizzate, cioè devono avere una struttura ordinata, finalizzata alla commissione del fatto, mediante la connessione dei beni, dei mezzi, delle risorse affinché possano operare insieme per la realizzazione del fine illecito.
TAR Sicilia (CT) Sez. II n. 516 del 20 febbraio 2022
Urbanistica.Accesso agli atti del procedimento per il rilascio di titoli edilizi
Già l'art. 31 della legge urbanistica n. 1150/1942, nel testo modificato dalla legge n. 765/1967, attribuiva a "chiunque" la facoltà di impugnare le concessioni (licenze) edilizie. Successivamente questa norma è stata interpretata in senso riduttivo, riconoscendosi il titolo a ricorrere solo a chi avesse un interesse differenziato, in quanto proprietario (fra l'altro) di un fondo "prossimo", ossia non necessariamente confinante. Benché tale disposizione non risulti riprodotta nel vigente T.U. n. 380/2001, è implicito nel sistema che chiunque si trovi in una situazione di "prossimità" sia legittimato ad impugnare il permesso di costruire. E' ragionevole, infatti, che la facoltà di impugnare non venga ristretta agli immediati confinanti, giacché la violazione delle norme urbanistiche (le quali non sono dettate a protezione degli interessi particolari dei vicini, ma dell'interesse comune all'uso equilibrato del territorio) produce effetti lesivi in una sfera assai più estesa. Ne consegue che, anche ai fini della ricostruzione della legittimazione all’esercizio del diritto di accesso, strumentale all’eventuale contestazione della validità dei titoli edilizi, vale la stessa ampia nozione di “prossimità”. D’altra parte, i titoli edilizi sono atti pubblici, perciò chi esegue le opere non può opporre un diritto di riservatezza
Cass. Sez. III n. 8968 del 2 marzo 2023 (UP 2 nov 2022)
Pres. Ramacci Est. Gentili Ric. Senses
Rifiuti.Parti usate di autoveicoli
Sebbene alle parti usate di autoveicoli possa applicarsi in linea di principio la disciplina prevista per il commercio dei beni di occasione, deve ritenersi che tale operazione sia realizzabile solamente dopo l’avvenuta realizzazione delle attività di bonifica e di eventuale rigenerazione di tali prodotti, tali da riportare detti beni allo stato originario ovvero ad una piena funzionalità previa riparazione degli stessi; diversamente, ove cioè tali adempimenti non siano stati compiuti, ai medesimi deve intendersi applicabile in tutto e per tutto la disciplina riguardante i rifiuti, senza che, giova precisare, a ciò osti il fatto che, pur nella condizione in cui gli stessi si dovessero trovare, ai medesimi sia stata attribuita una qualche rilevanza economica, atteso che non vi è contraddizione fra la attribuzione ad un determinato oggetto di un dato valore commerciale e la sua qualificazione in termini di rifiuto
TAR Puglia (LE) Sez. II n. 245 del 16 febbraio 2023
Rifiuti.Competenza ad adottare l’ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati
La questione della competenza ad adottare l’ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati e ripristino dello stato dei luoghi ex art. 192, comma 3, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 va risolta nel senso dell’appartenenza al Sindaco stante l’incompetenza del “Responsabile del settore” che sussiste anche in caso di delega a suo favore adottata dal dirigente del settore. L’art. 192, comma 3, del citato Decreto n. 152, nel prevedere espressamente la competenza del Sindaco, è norma speciale sopravvenuta rispetto all’art. 107 (Funzioni e responsabilità della dirigenza), comma 5, del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), per il quale “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I del titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’articolo 50, comma 3 e dall’articolo 54” e su di essa prevalente.
Cass. Sez. III n. 8750 del 1 marzo 2023 (CC 6 dic 2022)
Pres. Rosi Est. Andronio Ric. PM in proc. Tiano
Urbanistica.Reati edilizi e messa alla prova
La praticabilità della sospensione con messa alla prova nei reati edilizi, formalmente ricompresi nella cornice edittale che consente l’applicazione dell’istituto, passa obbligatoriamente per l’eliminazione delle conseguenze dannose dei reati in questione, id est per la preventiva e spontanea demolizione dell’abuso edilizio ovvero per la sua riconduzione alla legalità urbanistica ove ricorrano i presupposti per la sanatoria di (doppia) conformità. Tali condotte sono pregiudiziali (in senso logico, ma non necessariamente cronologico) rispetto all’affidamento dell’imputato in prova al servizio sociale e alla verifica del suo positivo esito, ed impongono pertanto al giudice di operare un corretto controllo, anche mediante le opportune e necessarie verifiche istruttorie, sul puntuale e integrale raggiungimento dell’obiettivo dell’eliminazione delle conseguenze del reato edilizio, non potendosi ammettere che venga dichiarata l’estinzione del reato, per compiuta e positiva probation, in presenza di un abuso non completamente demolito o non integralmente sanato – ricorrendone le condizioni – sul piano urbanistico.
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