Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Consiglio di Stato Sez. VI n. 10730 del 12 dicembre 2023
Urbanistica.Caratteristiche della pertinenza
Dal punto di vista urbanistico-edilizio, la natura pertinenziale va negata in relazione agli interventi edilizi che, pur legati da un vincolo di servizio a un fabbricato principale, non siano tuttavia coessenziali ma ulteriori rispetto a esso, in quanto suscettibili di un utilizzo autonomo e separato e in quanto occupanti aree e volumi diversi dal bene principale. Il vincolo pertinenziale è riconoscibile soltanto a opere di modestissima entità e accessorie rispetto a quella principale, quali i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici “et similia”, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto a quella considerata principale e non siano coessenziali alla stessa
Cass. Sez. III n. 676 del 9 gennaio 2024 (UP 21 set 2023)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. My
Urbanistica.Permanenza del reato e capo di imputazione
In tema di reati edilizi, attesa la loro natura permanente, qualora il pubblico ministero si sia limitato ad indicare esclusivamente la data iniziale (o la data dell'accertamento) e non quella finale del reato, la permanenza deve ritenersi compresa nell'imputazione, per cui l'interessato è chiamato a difendersi nel processo in relazione anche alle condotte poste in essere successivamente alla data di contestazione. Poiché la permanenza del reato edilizio cessa o con l’ultimazione dei lavori o, prima ancora, con la loro definitiva cessazione (coattiva o spontanea), la prova dell’ultimazione dei lavori o della loro spontanea cessazione deve essere fornita dall’imputato, ove ciò non emerga nel corso dell’istruttoria dibattimentale.
Consiglio di Stato Sez. IV n. 10837 del 14 dicembre 2023
Rifiuti.Concordato preventivo ed oneri di smaltimento
Le procedure concorsuali del concordato preventivo con cessione totale dei beni e del fallimento, pur differenziandosi sotto il profilo civilistico delle modalità liquidatorie e degli organi, possiedono analoghi effetti finali: infatti, anche nella procedura di concordato con cessione dei beni, così come nel fallimento, l’impresa cessa la propria attività e pone tutto il suo patrimonio residuo a disposizione dei creditori. In ragione di ciò i costi da sostenere per porre rimedio alle “esternalità negative” di produzione (sanitarie, ambientali, di pubblica incolumità, etc.) devono ricadere sul patrimonio residuo dell’impresa che sarebbe destinato a soddisfare la massa creditoria; diversamente opinando, quei costi ricadrebbero sulla collettività incolpevole (fattispecie relativa all’onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 192 d.lgs. n. 152 del 2006)
Cass. Sez. III n. 688 del 9 gennaio 2024 (UP 14 dic 2023)
Pres. Ramacci Rel. Scarcella Ric. Petretta
Acque.Contatto con sostanze inquinanti o pericolose delle acque meteoriche
Nel caso in cui le acque meteoriche di dilavamento vengano in contatto con sostanze inquinanti o pericolose, divenendo il mezzo attraverso cui le altre sostanze vengono veicolate verso un determinato corpo ricettore, non possono più essere considerate come semplici acque meteoriche di dilavamento
TAR Campania (NA) Sez. IV n. 6692 del 4 dicembre 2023
Urbanistica.Conseguenza omessa notifica ordinanza di demolizione
L’omessa notifica dell'ordinanza di demolizione ai legittimati passivi indicati dall’art. 31 citato non implica infatti l'illegittimità del provvedimento demolitorio impugnato, bensì rileva ai solo fini della possibilità di poterne pretendere l'adempimento dal soggetto rimasto ignaro, poiché la notificazione attiene infatti non già alla fase di perfezionamento ma alla fase di integrazione dell'efficacia. Resta inteso che il destinatario ha pertanto l’onere di impugnare il provvedimento di demolizione – non notificato – dal momento in cui acquisisce la sua piena conoscenza.
Cass. Sez. III n. 50309 del 18 dicembre 2023 (UP 30 nov 2023)
Pres. Galterio Rel. Galanti Ric. Savoca
Ecodelitti.Combustione illecita di rifiuti
Il delitto di combustione illecita di rifiuti, di cui all'art. 256-bis, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 - che è reato di pericolo concreto e di condotta, per la cui consumazione è irrilevante la verifica del danno all'ambiente - punisce con l'elevata pena ivi prevista, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, la combustione illecita dei soli «rifiuti abbandonati ovvero depositati in modo incontrollato». Il riferimento, dunque, è alle condotte richiamate nell'art. 255, comma 1 (e 256, comma 2) d.lgs. 152/2006 e, per il principio di tassatività, non può estendersi a rifiuti che siano oggetto di forme di gestione autorizzata o comunque lecita. L'incenerimento a terra è una forma di gestione dei rifiuti che necessita di autorizzazione, sicché, laddove questa manchi e non si tratti di condotta commessa su rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato potrebbe sussistere la residuale ipotesi contravvenzionale di smaltimento non autorizzato di cui all'art. 256, comma 1, d.lgs. 152/2006, punibile anche a titolo di colpa.
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