Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Cass. Sez. III n. 43250 del 15 novembre 2022 (CC 2 nov 2022)
Pres. Ramacci Est. Corbetta Ric. Siano
Urbanistica.Fiscalizzazione di cui all'art. 33, comma 2 TU edilizia
In tema di reati edilizi, la valutazione sulla possibilità di non eseguire la demolizione qualora il ripristino dei luoghi non sia possibile secondo la procedura cosiddetta di fiscalizzazione di cui all'art. 33, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, compete al giudice dell'esecuzione e può essere sindacata in sede di legittimità solo attraverso il vizio motivazionale. Nel caso in cui le opere abusive siano interconnesse con opere assentite, la demolizione dovrà riguardare solo le prime, con salvezza di quella lecitamente realizzata, sempre che entrambe siano univocamente identificabili come tali e che, dunque, il manufatto non sia stato sottoposto a modifica radicale e definitiva; in tal caso, infatti, non potrà che addivenirsi ad una demolizione integrale del manufatto, atteso che il bene risultante dall'intervento abusivo viene ad assumere una definitiva ed irrevocabile connotazione illecita, che impone la sua radicale eliminazione, a meno che l'abuso sia stato sanato sotto il profilo urbanistico o che il consiglio comunale abbia deliberato nel senso della conservazione delle opere. L’impossibilità della demolizione, che autorizza la disciplina di cui all’art. 33, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, deve essere oggettiva e assoluta; a tal proposito, laddove le opere abusive siano strutturalmente connesse con quelle abusive, occorre valutare se il ripristino comprometta la stabilità dell’intero edificio: evenienza, quest’ultima, che si rappresenta l’unico limite a detto ripristino.
ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
Manuale operativo per il prelievo di campioni biologici finalizzato alle analisi genetiche nell'ambito della Convenzione di Washington (CITES)
TAR Campania (NA) Sez. VIII n. 6809 del 2 novembre 2022
Urbanistica.Sanatoria opere non ancora realizzate
L’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, infatti, prevede la eccezionale possibilità di sanatoria di opere che – conformi alla normativa urbanistica sia al momento della realizzazione che dell’istanza – siano già state realizzate; non v’è alcuno spazio per realizzazioni ulteriori in quanto esse devono essere oggetto, semmai, di altre istanze volte alla formazione di un titolo edilizio (S.C.I.A., permesso di costruire) che –come avviene di norma- preceda l’esecuzione dell’opera. La sanatoria non può neppure essere condizionata all’esecuzione di opere ulteriori in quanto ciò si pone, appunto, in contrasto con gli con gli elementi strutturali dell'istituto, che presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro attuale conformità alla disciplina urbanistica. A maggior ragione, un’istanza siffatta non può condurre alla sanatoria di opere che neppure sono state realizzate.
Il nuovo regolamento eow sui rifiuti inerti da costruzione e demolizione. Prima lettura
di Gianfranco AMENDOLA
TAR Campania (SA) Sez. II n. 2789 del 24 ottobre 2022
Sostanze pericolose.Pericolo di incidenti rilevanti
Il parere del CTR in merito ai rischi connessi all’esistenza di stabilimenti adibiti alla gestione di sostanze pericolose, e, quindi, assoggettati ai prescritti requisiti di sicurezza, si impone, in mancanza di apposita regolamentazione programmatica, allorquando: a) gli stabilimenti in parola siano realizzati ex novo ovvero subiscano modifiche suscettibili di costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti o di comportare la riclassificazione da una soglia inferiore ad una soglia superiore o viceversa; b) in prossimità degli stabilimenti medesimi siano realizzati insediamenti o infrastrutture (quali vie di trasporto, luoghi frequentati dalla collettività, sia ad uso pubblico che ad uso privato, zone residenziali) suscettibili di interferire – dal punto di vista ubicativo ed operativo – il trattamento di sostanze pericolose e di aggravare, con la loro presenza il rischio di incidente rilevante; è, dunque, evidente che, per aversi siffatta accentuazione del rischio, gli interventi di trasformazione del territorio circostante ad un opificio classificabile nei termini di cui all’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 105/2015, che non consistano nella realizzazione o modifica degli stessi, devono sostanziarsi in “nuovi insediamenti o infrastrutture”, i quali, per effetto della rilevante implementazione delle attività antropiche da essi indotta all’interno del comparto di relativa localizzazione, richiedano una specifica verifica di compatibilità con i livelli di sicurezza prescritti dalla normativa di settore
Cass. Sez. III n. 41616 del 4 novembre 2022 (UP 13 giu 2022)
Pres. Aceto Est. Scarcella Ric. Bolelli
Rumore.Requisiti del reato di cui all’art. 659 cp
La configurabilità del reato di cui all'art. 659, c.p. (per aver, nella qualità di titolare di un pubblico esercizio, più volte posto in essere una condotta idonea a turbare la quiete pubblica, non impedendo schiamazzi e rumori provocati dagli avventori dei locali, anche in ragione dell'orario notturno fino al quale tali rumori si protraevano), può ritenersi dimostrata sulla base delle convergenti e credibili dichiarazioni di tre testi, parti civili, pur in assenza di specifiche indagini tecniche e dalla mancata irrogazione di sanzioni amministrative per violazione degli orari di chiusura e/o per violazioni del regolamento comunale
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