Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Cass. Sez. III n. 35124 del 19 settembre 2024 (UP 12 giu 2024)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. Osmani ed altri
Rifiuti.Errore sulla necessità dell’autorizzazione allo svolgimento di attività di gestione
In alcun modo il consiglio del professionista può essere considerato elemento positivo idoneo a indurre in errore scusabile il titolare di un’impresa sulla necessità dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di raccolta e trasporto di rifiuti che costituisce oggetto della propria impresa, a maggior ragione se si considera che nel caso di specie il trasporto veniva effettuato senza nemmeno il formulario di identificazione (FIR) di cui all’art. 193 d.lgs. n. 152 del 2006. La scusabilità dell’errore deve essere commisurata al parametro del modello di agente, dell’“homo eiusdem professionis et condicionis”, sicché in alcun modo può dirsi scusabile l’errore di colui il quale intraprenda un’attività imprenditoriale per il cui esercizio è richiesta l’autorizzazione e che contestualmente ne ignori la necessità o la latitudine. Il dubbio impone, semmai, l’astensione o comunque sollecita la adozione di informazioni qualificate presso l’amministrazione pubblica, non di certo presso un consulente privato.
Tribunale di Siena, Sent. n. 197 del 29 aprile 2024– est. Cerretelli
Ecodelitti.Delitto di omessa bonifica
Il delitto di omessa bonifica è un reato omissivo proprio atteso che ne può rispondere solamente quello specifico soggetto su cui ricade l'obbligo giuridico di effettuare la bonifica o il ripristino dell'area, obbligo che gli deriva dalla legge, da un provvedimento giurisdizionale o da un provvedimento amministrativo. Poiché l'ordine del giudice o della pubblica autorità non possono che conseguire a un preesistente obbligo di legge rimasto inottemperato, l’obbligo di bonifica sorge, anzitutto, nel momento in cui si creano i presupposti di fatto previsti dalla legge: nel caso previsto dall’art. 242 cit. il soggetto obbligato alla bonifica è il responsabile dell’inquinamento che, nel corso del procedimento amministrativo di bonifica previsto dall’art. 242 d. lgs. 152/2006 risulta aver prodotto un inquinamento del suolo in misura superiore alle concentrazioni soglia di rischio (CSR) per il sito specifico; ai sensi dell’art. 250 cit., invece, le figure apicali deputate alla materia ambientale di Comune e Regione sono obbligate a provvedere alla bonifica se non è individuabile il responsabile dell’inquinamento ovvero se il responsabile dell’inquinamento e il proprietario del terreno inquinato non provvedono alla bonifica.
TAR Piemonte Sez. II n. 938 del 2 settembre 2024
Rifiuti.End of waste
Un fondamentale precetto dell’art. 184 ter, comma 1, lett. d) D.Lgs. 152/2006 indica quale autonomo requisito rilevante ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto che “l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana”. Benché tale requisito sia espressione di un principio informatore della disciplina dei rifiuti e non possa di per sé dirsi innovativo, tuttavia, la sua autonoma considerazione da parte del legislatore vale a chiarire che, affinché il rifiuto sia sottratto al regime tutorio suo proprio, occorre che l’assenza di effetti negativi sull’ambiente o la salute sia accertata prima che il materiale sia utilizzato o commercializzato alla stregua di un prodotto “primario”. Fino a tale momento dovrà trovare applicazione, ai sensi del comma 5 dell’art. 184 ter, la disciplina in materia di gestione dei rifiuti.
Cass. Sez. III n. 35008 del 18 settembre 2024 (CC 12 giu 2024)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. Leva
Urbanistica.Esecuzione della demolizione e principio di proporzionalità
Il principio di proporzionalità presuppone la cogenza dell’ordine di demolizione dell’opera abusivamente realizzata e la sua inderogabile funzione ripristinatoria di un “ordine urbanistico” tuttora violato, non potendo essere utilizzato per eludere tale funzione con il rischio di legittimare ‘ex post’, nei fatti, condotte costituenti reato e di consolidarne il relativo prodotto/profitto. Il principio di proporzionalità si frappone all’esecuzione dell’ordine di demolizione per ragioni estranee alla adozione dell’ordine stesso; esso non incide nella fase deliberativa dell’ordine stesso, bensì in quella esecutiva. Per questo i fatti addotti a sostegno del rispetto del principio di proporzionalità devono essere allegati (e accertati) in modo rigoroso, dovendosene far carico (quantomeno sul piano dell’allegazione) chi intende avvalersene per paralizzare il ripristino di un ordine violato, tanto più se si stratta dello stesso autore dell’abuso. Né tali fatti possono dipendere dall’inerzia o dalla volontà dell’autore dell’abuso o del destinatario dell’ordine. Va, al riguardo, ricordato (e sottolineato) che l’ordine di demolizione ingiunto dal pubblico ministero costituisce esecuzione (provvisoriamente a spese della collettività) dell’ordine già irrevocabilmente impartito dal giudice con sentenza pronunciata all’esito di un giusto processo svolto nel contraddittorio tra le parti. Il condannato (o i suoi aventi causa) non può “lucrare” sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza perché l’ingiunzione del pubblico ministero è causata proprio dalla sua inerzia, né può successivamente invocare il principio di proporzionalità allegando (colpevoli) inerzie o fatti da lui stesso posti in essere nella piena consapevolezza della natura abusiva dell’immobile, della precarietà della propria situazione abitativa, della persistente violazione dell’ordine. In altri termini: il principio di proporzionalità non può essere indiscriminatamente e genericamente dedotto e utilizzato per legittimare la violazione dell’ordine di demolizione irrevocabilmente impartito dal giudice, poiché a tanto si arriverebbe opponendo sempre e comunque la violazione del domicilio.
Corte costituzionale n. 160 del 3 ottobre 2024
Oggetto: Privilegio, pegno e ipoteca - Edilizia e urbanistica - Interventi eseguiti in assenza di permessi di costruire - Acquisizione gratuita di diritto al patrimonio del comune del bene e dell’area di sedime, se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione - Mancata previsione, in tale ipotesi, della permanenza dell’ipoteca giudiziale iscritta sul terreno a garanzia del credito ipotecario - Denunciata disciplina che cancella il diritto del creditore ipotecario, benché quest’ultimo non abbia alcuna responsabilità nell’abuso edilizio e nel conseguente rifiuto di procedere alla demolizione dell’immobile - Disposizione che non consente al medesimo creditore di partecipare al procedimento, opponendosi all’edificazione abusiva o all’ordine di demolizione - Previsione che limita il diritto del creditore di agire in sede esecutiva, in assenza di circostanze eccezionali e circoscritte nel tempo - Norma che, dirimendo il conflitto fra il potere di acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del comune dell’immobile costruito in totale difformità o assenza della concessione e il diritto del creditore ipotecario a soddisfarsi sul fondo oggetto della garanzia, afferma l’assoluta prevalenza del primo.
Dispositivo: illegittimità costituzionale parziale - ill. cost. parziale conseg. ex art. 27 legge n. 87/1953 - inammissibilità
Consiglio di Stato Sez. IV n. 7412 del 4 settembre 2024
Rumore.Sindacato giurisdizionale sul piano di classificazione acustica
L’onere della classificazione acustica del territorio spetta ex lege ai Comuni, che esprimono una funzione lato sensu pianificatoria, inserita in un nucleo particolarmente ampio di discrezionalità amministrativa, sicché il sindacato giurisdizionale sul piano di classificazione acustica, come per gli altri atti di pianificazione del territorio, incontra necessariamente precisi limiti al fine di non invadere sfere di valutazione che spettano in via esclusiva all’amministrazione; tale sindacato è ammesso, infatti, nei soli casi di illogicità, irrazionalità ovvero travisamenti sintomatici della sussistenza del vizio di eccesso di potere e, più in generale, quando viene violato il principio di ragionevolezza. Non si tratta, quindi, di sindacare il merito di scelte opinabili, ma di verificare se queste scelte siano assistite da una credibilità razionale supportata da valide leggi scientifiche.
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